Corriere 16.10.16
Donald «filo-Putin» e l’ingerenza mai vista
Nella
società dell’informazione guerra e terrorismo passano anche per le vie
digitali. È noto da tempo e l’America di Barack Obama è corsa ai ripari.
Cercando in Rete i reclutatori di jihadisti contro il dilagare
dell’Isis; proteggendo infrastrutture nel caso della cyberwar: reti
elettriche e telefoniche, traffico aereo, computer contenenti segreti
del governo e delle imprese strategiche.
Negli ultimi mesi, però,
l’incrociarsi di una serie di fenomeni — la campagna di Donald Trump,
isolazionista in politica estera e fan di Putin, le rivelazioni di
WikiLeaks su Hillary Clinton (che gli analisti fanno risalire ad hacker
russi), il sospetti che questi stessi hacker vogliano infilarsi nei
sistemi elettronici del voto — ha creato un’emergenza più grave.
L’intelligence denuncia un tentativo senza precedenti di Mosca di
influenzare le elezioni con strumenti informatici occulti e anche con
interventi diretti.
Lo stesso Obama si è convinto della gravità
della situazione e cerca soluzioni. L’annuncio di una rappresaglia
informatica «segreta» fatto dal suo vice, Joe Biden, è la manifestazione
più evidente di questa consapevolezza, ma anche delle difficoltà della
Casa Bianca le cui opzioni, al di là della denuncia del pericolo Trump e
della promozione della candidatura Clinton, sono limitate. Attaccare le
reti informatiche russe? Un precedente pericoloso. Far uscire
informazioni imbarazzanti per il Cremlino? Putin è poco vulnerabile alle
campagne denigratorie.
Intanto siamo ai tentativi aperti di
intimidire l’elettorato Usa con la sortita di Zhirinovsky: «Votate per
Trump, con Hillary si rischia la guerra nucleare». Certo, l’estremista
della Duma è considerato da molti un clown, ma Putin gli ha appena
conferito un’onorificenza. E di questi tempi i clown in politica hanno
un certo successo.