Corriere 16.10.16
Mosca sfrutta i vuoti della ue
di Massimo Nava
A
l netto di strumentali polemiche interne, in cui si confondono
referendum e alleanze internazionali, la riflessione sull’impiego di
nostri soldati in Lituania non può essere liquidata con un semplice
richiamo a decisioni obbligate in ambito Nato. I diversi conflitti
(dalla Siria all’Ucraina), la polveriera Medio Oriente, la lotta al
terrorismo, la guerra (per ora verbale e forse cybernetica) fra
Washington e Mosca richiedono una riflessione più conseguente sui
rapporti Russia-Europa, deteriorati da sanzioni e proclami dettati più
da riflessi ideologici da Guerra fredda che da consapevolezza della
posta in gioco. Non si tratta di chiudere gli occhi sui bassi standard
di democrazia in Russia né sulle ambizioni zariste di Putin, bensì di
aprirli su concreti interessi (commerciali, energetici, militari, di
sicurezza e stabilità) dei Paesi europei.
Non è ideologico
constatare che la politica americana, con gli interventi in Afghanistan e
in Iraq, ha posto le premesse per il disordine di oggi, per il crollo
di regimi e assetti post coloniali in cui è prosperato il terrorismo.
L’Europa ha annuito in ordine sparso, assecondando una strategia di
allargamento della Nato a est, senza preoccuparsi degli squilibri che
avrebbe provocato. E senza comprendere chi sia oggi il miglior alleato
contro l’islamismo radicale. L’allargamento, mentre si «assecondavano»
le rivoluzioni in Georgia e in Ucraina, è stato sostenuto come strategia
«difensiva». Concetto di facile presa nei Paesi della ex cortina di
ferro (oggi fra i più euroscettici) ma non digeribile come atto
amichevole a Mosca.
Negli anni 60, de Gaulle immaginava un’Europa
dall’Atlantico agli Urali. C’è stato un tempo in cui qualche leader
italiano (Craxi e recentemente Berlusconi) aveva perseguito autonomia di
giudizio e interessi nazionali, pur nel rispetto delle alleanze. E c’è
stato un tempo in cui la Francia di Chirac osò condannare le sciagurate
avventure belliche di Bush. Poi è prevalsa la «sacralità» degli
obblighi. Coerenza e lucidità sono merce rara.
La Francia di
Hollande annulla la visita di Putin a Parigi, ma lo asseconda nel lavoro
sporco in Siria. La Germania sostiene le sanzioni, ma evita di toccare
il tasto dei corridoi energetici. L’Italia manda soldati e dice che «il
dialogo resta aperto». Intanto le esportazioni sono le più penalizzate
dalle tensioni con Mosca. Nelle capitali europee si balbetta di politica
estera comune, che nessuno sa come attuare, e di difesa comune, che
nessuno ha voglia di mantenere. È in questo vuoto che la Russia, piaccia
o no, conduce la propria politica. Difende quel che resta dell’impero e
delle regioni russofone, benedice il revanscismo nazionalista nei
Balcani, sostiene il regime siriano per garantirsi uno sbocco nel
Mediterraneo e scende a patti con la Turchia di Erdogan, che sa di
essere indispensabile alla Nato e per questo agisce senza preoccuparsi
di rispettare patti e diritti.