Corriere 16.10.18
La Cia prepara la cyber vendetta
Ian Bremmer: «Se vince Hillary saranno i tempi più pericolosi dal crollo dell’Urss»
intervista di Giuseppe Sarcina
NEW
YORK «Non è la Seconda Guerra Fredda, ma se vince Hillary Clinton, i
primi tre mesi del prossimo anno saranno i più pericolosi da quando è
crollata l’Unione Sovietica». Ian Bremmer, 46 anni, fondatore e
presidente del centro studi Eurasia group, sede principale a New York,
analizza l’incrocio tra le tensioni Usa-Russia e la campagna
presidenziale.
Il vicepresidente Joe Biden annuncia un contro «cyber attack» nei confronti della Russia. Che cosa dobbiamo aspettarci?
«Il
governo americano procederà con tre passaggi. Per prima cosa potrebbe
applicare altre sanzioni per colpire le figure del governo russo
coinvolte nelle azioni di pirateria informatica contro gli Stati Uniti.
Ci saranno anche più controlli su cittadini russi che svolgono attività
sospette sul territorio americano. Infine si potrebbe arrivare a qualche
contromisura di tipo simbolico-diplomatico, come il richiamo per
consultazioni dell’ambasciatore americano a Mosca».
E l’attacco informatico?
«Gli
hacker statunitensi si concentreranno sugli affari privati di Putin,
sui suoi soldi, sui sospetti di corruzione che lo chiamano in causa.
L’obiettivo è screditare il leader russo agli occhi del suo popolo e del
mondo».
L’escalation è grave. Si può dire che stiamo entrando nella «Seconda Guerra Fredda» della storia?
«No,
mi sembra un’esagerazione. All’epoca Stati Uniti e Urss si scontrarono
per stabilire chi dovesse governare il mondo. Oggi né l’America né la
Russia non sono neanche in grado di immaginare una simile ambizione. Gli
europei, poi, premono per tornare a fare business con Mosca e la Cina
guarda tutto ciò con grande fastidio: vuole stabilità».
Tuttavia l’allarme a Washington è alto. La minaccia russa è considerata più pervasiva e quindi più temibile di quella dell’Isis.
«Sono
d’accordo. E se Trump non fosse il candidato che è, tutti noi
discuteremmo giorno e notte delle interferenze dei russi nella campagna
elettorale, anziché esaminare frasi e comportamenti sessisti. Il governo
americano ha dovuto prendere una posizione molto forte».
Dove vuole arrivare Putin? Non sembra una scelta razionale continuare ad appoggiare Trump anche ora che appare in caduta libera.
«E
infatti la sua strategia è più sofisticata. Il suo obiettivo è
delegittimare, sporcare il più possibile il modello di democrazia
americana. Putin ha sofferto gli anni di Obama, il suo insistere sul
primato morale, “sull’eccezionalismo” degli Stati Uniti. Considera
un’insidia l’appoggio che Washington ha fornito alle org anizzazioni
della società civile russa, per esempio. Ecco perché gli hacker al
servizio di Mosca passano le mail di Hillary Clinton a WikiLeaks:
pensano di poter dimostrare quanto sia inquinata la competizione
presidenziale».
Questo lo sostiene anche Trump…
«E se vince
le elezioni, Putin sarà contento. Anche se a Mosca sanno che il
personaggio è imprevedibile. Certo, immaginano che sarebbe più facile
trovare un accordo con uno come lui. Trump sembra voler lasciare mano
libera alla Russia in Ucraina, in Siria; vuole ridimensionare la Nato».
Che cosa succede, invece, se alla Casa Bianca ci va Hillary Clinton?
«Ritengo
che anche a Mosca stiano lavorando su questo scenario, il più
probabile. Putin non attenuerà la sua campagna anti-America che nei
fatti si è tradotta finora in un’offensiva anti-Hillary. La linea di
politica estera dell’ex Segretario di Stato, poi, sarà più interventista
rispetto a quella di Obama. Inoltre Hillary avrà più motivazioni, anche
personali, per rispondere in modo deciso alle incursioni degli hacker.
Ci potrebbe essere, dunque, un’ulteriore escalation nella “cyber-war”
tra Stati Uniti e Russia. Nei primi tre mesi della nuova presidenza i
rapporti tra i due Paesi potrebbero scendere al minimo storico degli
ultimi venticinque anni. Si aprirebbe una fase di grandi rischi e di
pericoli».