Corriere 16.10.16
Il cattolico Maritain e la Shoah «insulto a Dio»: noi e gli ebrei fratelli
di Paolo Salom
Poche
personalità cattoliche, pochi pensatori hanno raggiunto la complessità
del pensiero di Jacques Maritain (1882-1973) sul tema dell’antisemitismo
e del «mistero di Israele».
Il filosofo francese, nato
protestante, divenuto laico e anticlericale, sposato con un’ebrea russa —
Raissa Oumançoff — infine convertitosi, con la consorte, al
cattolicesimo, rappresentò la coscienza sana dell’Europa di fronte alla
catastrofe che dagli anni Venti alla Seconda guerra mondiale si abbatté
sulla popolazione ebraica per mano soprattutto (ma non soltanto) dei
nazisti tedeschi.
La sua opera, in forma di saggi, articoli,
rapporti confidenziali (a Pio XII, per esempio), lettere (a Giovanni
Battista Montini, futuro papa Paolo VI) che denunciavano una
persecuzione cui la maggior parte della popolazione cristiana assisteva
inerte, è ora raccolta, in un volume curato da Daniele Lorenzini
(Jacques Maritain, Contro l’antisemitismo , pubblicato dalla casa
editrice Morcelliana, pagine 276, e 22) che ha il pregio di presentare
gli scritti del filosofo redatti dal 1921 al 1972 in una prospettiva
storica capace di registrarne l’evoluzione del pensiero.
Perché
Maritain, per quanto fosse un «dreyfusardo» della prima ora, da sempre
contrario alla violenza perpetrata contro gli ebrei — fosse ideologica,
fisica o «legale» — in realtà era lui stesso imbevuto di quella cultura
teologica che faceva di Israele, in quanto «altro» dalla cristianità, un
popolo dal quale non era ragionevole attendersi — come nota Daniele
Lorenzini nell’ampia ed esaustiva introduzione — «un attaccamento al
bene comune della civiltà occidentale e cristiana».
Eppure, la
realtà dei fatti, la propaganda virulenta contro gli ebrei nell’Europa
del primo Dopoguerra non lasciarono indifferente l’uomo che la tarda
conversione al cattolicesimo aveva trasformato nel più brillante
pensatore vicino alla Chiesa.
Costretto all’esilio per le sue
posizioni antinaziste, Maritain fu a tal punto colpito dalla ferocia
della Shoah da sollecitare, a guerra finita, una presa di posizione di
Papa Pio XII in favore degli ebrei, cosa che però non avvenne. Per
questo, riprese carta e penna e scrisse a un altro prelato, suo caro
amico, Giovanni Battista Montini, per chiedergli di intervenire presso
il Santo Padre (di nuovo inutilmente).
Nel frattempo, Maritain
aveva compiuto un percorso che aveva via via emendato l’antigiudaismo
religioso dei suoi primi scritti, arrivando a sostenere come, con
l’Olocausto, «è il nostro Dio che è in causa, è Lui che è
schiaffeggiato, ferito, insultato, coperto di sputi dalla persecuzione
antisemita. Ormai il Cristo non separa più, ma unisce ebrei e
cristiani».