Corriere 15.10.16
Il Verdini di governo: alleanza con Alfano e in prima linea per il referendum
Tra sfide e segreti
di Francesco Verderami
«Primum
vincere» è un altro modo per dire primum vivere, serve a Verdini per
far capire al suo gruppo dirigente che non ha senso discettare del
domani.
Perché il discrimine è oggi, è il referendum, da cui
dipenderanno gli equilibri politici futuri. Tanto il presente è sotto
gli occhi di tutti, «solo gli ipocriti fanno finta di non vedere che il
gruppo parlamentare di Ala è già parte della maggioranza», aveva detto
Alfano a Corriere Tv alcune settimane fa. La fusione con Scelta civica
ha garantito in questi giorni un ulteriore up-grading ai verdiniani,
«ora — sorride loro il capo — siamo persino rappresentati al governo da
un vice ministro all’Economia», che è Zanetti.
È una battuta che
sa di incoraggiamento alla battaglia, perché la lunga marcia non è
finita, è appena iniziata. Passa attraverso l’impegno per far vincere il
Sì, sebbene «mai come stavolta il risultato sarà frutto del personale
convincimento degli elettori, su cui i partiti non sembrano incidere».
Verdini porta i numeri a sostegno della tesi: «I sondaggi danno un testa
a testa. Ma se valutiamo tutte le forze che si oppongono alla riforma,
il No dovrebbe essere accreditato almeno del 65%. Se non è così, è
perché nel merito la stragrande maggioranza dei cittadini è favorevole
al cambiamento. E quanti lo avversano, compresi insigni
costituzionalisti, sono costretti ad arrampicarsi sugli specchi. Tranne
essere poi battuti in tv da un giovanotto che ha studiato sui loro
testi».
Il «giovanotto» è Renzi, che «a mio avviso non ha
sbagliato campagna elettorale». Scorgendo sul voto di molti dei suoi una
forma di dissenso, il leader di Ala prende cappello: «Ma che doveva
fare? Vi siete dimenticati il referendum sulle trivelle? Non è passato
perché non ha raggiunto il quorum. Stavolta il quorum non c’è e lui
doveva chiamare alla mobilitazione. Ha fatto bene, lo vedrete. Secondo
me il fronte del No ha raggiunto il suo picco massimo. Anche sotto il
profilo mediatico ha detto tutto quello che poteva dire, cioè “mandiamo
Renzi a casa”. Mentre il fronte del Sì non può che crescere, perciò date
una mano a Pera e Urbani con i comitati».
Nelle file di Ala una
mano alle riforme se l’aspettano anche da Berlusconi. Ma invece di
assecondare l’argomento, Verdini interviene per stopparlo: «Lasciate
stare Silvio, sbagliereste a dare una rappresentazione meschina del suo
atteggiamento, che potrebbe apparire opportunistico. Lui è una rockstar
che si porta appresso il suo elettorato. Lui fiuta l’aria e decide. È
un’altra cosa. Piuttosto, penso che la vittoria del Sì risolverebbe i
problemi anche di chi vota No. Questa storia che si legge, che il
referendum sarebbe appoggiato dai poteri forti, è una boiata pazzesca.
Certo, le riforme le vuole l’Europa, le appoggia Confindustria. Ma il
vero potere forte, la finanza internazionale, è pronto a fare il suo
mestiere. E se l’Italia finisse in una tempesta speculativa, ditemi: chi
ci rimetterebbe?».
Insieme alle manovre di Renzi, l’atteggiamento
di Berlusconi è il tema più ricorrente della riunione, evoca ciò che è
stato e ciò che potrebbe essere, specie quando il suo ex braccio destro
parla della «crisi dell’Occidente»: «Siamo immersi in una lunghissima
fase di difficoltà economica, abbiamo un sistema di welfare che entro
venti anni così com’è sarà insostenibile, c’è l’emergenza terrorismo e
un fenomeno migratorio senza precedenti, in questo contesto spuntano i
Grillo, i Farage, gli Orban, quelli di Podemos... E allora, non dico che
destra e sinistra non esistano più, figurarsi. Ma di fronte a questi
problemi bisogna trovare una forma di unità delle forze di sistema. Non
chiamiamole larghe intese, è una definizione politica che appartiene al
Novecento. Parliamo di un’alleanza tra pragmatici».
Se così fosse,
servirebbe in Italia una legge elettorale che aiutasse questa
prospettiva, certo non l’Italicum. «Renzi si è reso disponibile a
cambiarlo», dice Verdini: «Ma è inutile affannarsi a proporre un testo
adesso, semplicemente perché in una trattativa — che ci sarà — la prima
cosa che si fa è bocciare il testo altrui». «Come Denis», gli viene
chiesto: «Ma se tu ci stai lavorando...». «A declinare i principi. Il
resto viene con il progressivo avanzamento degli accordi».
Resosi
conto di aver messo un piede nel futuro, il capo di Ala torna nel
presente: «Primum vincere». E nel frattempo «lavoriamo alla nascita di
una Federazione di centro. L’ho detto ad Alfano: tutti insieme e ognuno a
casa propria inizialmente, così non ci sono problemi. Ma bisogna unirsi
per costruire una forza autonoma moderata che dia risposta a quanti non
vogliono accettare il primato dei populisti». Il pressing Verdini sul
leader di Ncd è quotidiano: «Bisogna fare in fretta». La fretta prima
del giudizio universale. «Ma no. Non credo che Renzi sarebbe bruciato,
se vincesse il No. Così come non credo che si andrebbe al voto nel 2017,
se vincesse il Sì. Sono cose che accreditano quelli che nella campagna
per il referendum non hanno argomenti per opporsi alla riforma ».