Corriere 12.10.16
Cuperlo: il rispetto degli altri è decisivo. Serve un sistema di voto che ci riavvicini agli elettori
«Temo una rottura del nostro mondo Questo partito non è più una comunità»
intervista di Alessandro Trocino
ROMA
Gianni Cuperlo è amareggiato. Intervenire alla Direzione non è stato
facile: «Sono giorni pesanti. Mi sembra che nel partito si sia smarrito
il senso della comunità. Ogni volta che si interviene, sembra che ci si
debba giustificare».
Renzi ha aperto sull’Italicum: è sincero o sta solo prendendo tempo?
«Spero
sia consapevole che, comunque la si pensi, il Paese ha bisogno di
ridurre le distanze. Anche allargare il consenso su una nuova legge
elettorale e sull’elezione diretta dei senatori, è un modo per farlo. E
forse è una via per svelenire il clima e limitare una frattura con una
parte del nostro popolo».
Vi siederete nel comitato proposto da Renzi?
«Certo. Ho detto che si è riaperto un sentiero e abbiamo il dovere di percorrerlo. Lavoro perché si arrivi in fondo».
Cosa chiedete in concreto per cambiare idea?
«Che
il Pd avanzi una sua proposta incardinata sui principi della
rappresentanza, di collegi capaci di riavvicinare gli elettori agli
eletti e un incentivo ragionevole alla governabilità. Ma per me il tema
dominante è quanto questa leadership voglia investire su un campo più
largo di noi e su un nuovo centrosinistra».
Senza un accordo sulla legge elettorale, lei voterà No. E ha annunciato anche le dimissioni da deputato. Con che stato d’animo?
«Sono
preoccupato e dispiaciuto come tanti. Temo una rottura del nostro mondo
perché so che il prezzo lo pagherebbero le persone ed è per questo che
chi è alla guida del Pd e del governo dovrebbe farsi carico di dialogo,
ascolto e unità. Poi, per carattere, guardo al giorno dopo e in questo
senso mi chiedo come non stressare un Paese già provato dalla crisi
peggiore della sua storia. Davanti a questo scenario so io per primo che
le mie dimissioni sono l’ultimo dei problemi».
Anche gli altri
della minoranza, per essere coerenti, dovrebbero farlo? Bersani dice che
è un «gesto nobile» ma serve qualcuno che rappresenti il No.
«Ma
no. La mia è una scelta personale che ho creduto giusto assumere anche
per sgombrare il campo da una polemica sbagliata sul principio della
coerenza».
C’è una scissione di fatto di «etica politica», di concezione della politica, tra voi e la maggioranza?
«Non
voglio alimentare scomuniche ma vedo differenze nel modo di intendere
la comunità, la selezione della classe dirigente, l’idea di partito.
Avere opinioni diverse su questioni rilevanti non dovrebbe mettere in
discussione il rispetto degli altri. Un partito non si rompe perché non
si è d’accordo sul procedimento legislativo. Si rompe se vengono meno la
ragione e la funzione che lo hanno visto nascere».
Dopo un vostro no, sarà inevitabile una scissione?
«Lo ripeto, lavoro per rinnovare le ragioni dello stare insieme».
Perché non ha difeso Giachetti, quando Marino lo chiamava, come ha detto, «maggiordomo»?
«Ho
sostenuto Giachetti con convinzione. Quel giudizio di Marino era
sbagliato. Come sempre è un errore ridurre la polemica a insulto. È una
responsabilità di una classe dirigente».
Si parla di Franceschini per il dopo Renzi. È un nome spendibile? Chi c’è in alternativa? E lei correrà?
«Il
mio cruccio non è cosa avverrà dopo Renzi. Vorrei affrontare l’oggi e
farlo con la consapevolezza dei rischi che investono la qualità delle
nostre democrazie e il bisogno di aggredire le enormi diseguaglianze e i
nuovi muri che turbano l’Europa tutta. Sul resto, sinceramente, non
merita parlare»