mercoledì 12 ottobre 2016

Corriere 12.10.16
Il 4 dicembre come prova generale delle elezioni
di Massimo Franco

L’unica cosa chiara, nel fumo polemico che si sprigiona dal Pd, è che «dalla mezzanotte del 4 dicembre tutti penseranno alle elezioni...». Dicendolo, l’ex segretario Pier Luigi Bersani si riferisce anche a sé. E infatti aggiunge: «Non è detto che, se vince il Sì, il Pd poi vincerà le elezioni». Ma tutto sembra destinato ad accelerarsi una volta finita la consultazione: per ognuno dei protagonisti e dei comprimari di questa fase politica. Congresso dem, eventuale scissione, ruolo di Matteo Renzi, prospettive della legislatura, rapporti con il M5S: sono problemi che emergeranno subito dopo.
Ma non prima. Per questo la minoranza dem per ora si è limitata a minacciare un’uscita dal partito, e lo stesso Renzi continua a usare parole di formale apertura alle ragioni degli avversari interni. Sono gli imperativi di una logica referendaria che cerca di salvare almeno il simulacro dell’unità interna; ma in realtà ha già un sapore elettorale. Il voto del 4 dicembre viene considerato come un surrogato e un anticipo di quello politico. Il contorno di ricorsi ai Tribunali amministrativi contro la formulazione dei quesiti, le accuse al governo di monopolizzare la tv di Stato, e di usare strumentalmente le misure economiche, ne sono appendici naturali. La stessa decisione di una par condicio tra fautori del Sì e del No nelle apparizioni televisive ricalca garanzie elettorali. Il tentativo dei Cinque Stelle è di accreditare una partita truccata: un’operazione imitata da alcuni settori di Forza Italia che invocano perfino la presenza di osservatori internazionali per garantire la regolarità del referendum. L’obiettivo è di screditare Palazzo Chigi e il «suo» referendum, additando tutte le forzature, vere o presunte, che sarebbero compiute dal premier.
Ecco perché, nei giorni scorsi, i sindaci grillini hanno minacciato di abbandonare l’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani. L’accusa è quella di essere «un club del Pd»: tranne poi precisare che il M5S deciderà a gennaio, quando saranno chiari numeri e rapporti di forza. E ieri è arrivato l’ennesimo blog velenoso di Beppe Grillo, stavolta contro il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Renzi, a sentire il leader del M5S, gli avrebbe «dato mandato di forzare sulle previsioni di crescita. E magicamente il governo trova i soldi per elargire le solite mancette...».
È il tema più controverso e scivoloso, per un premier alle prese con i vincoli europei e con un’economia che non riesce a dare veri segnali di ripresa. Per questo i Cinque Stelle martellano su Padoan, facendosi forti delle perplessità espresse anche a livello istituzionale sui numeri di Palazzo Chigi. E poi, tenere i toni alti su questo tema serve a Grillo per distogliere l’attenzione dal pasticcio delle firme false che, secondo l’accusa, sarebbero state scoperte nelle liste presentate dal M5S in Sicilia nel 2012.