Corriere 10.10.16
L’omertà sui misfatti dei nostri alleati
di Pierluigi Battista
Sono
stati bravi i responsabili del museo Maxxi di Roma a presentare in
questi giorni una mostra, «Nome in codice: Caesar», che documenta i
crimini contro l’umanità compiuti nelle carceri siriane del nostro
alleato Assad, sostenuto dal nostro alleato Putin. Però, una volta viste
quelle immagini orrende, scordatevele: lo impongono gli imperativi del
realismo politico che consigliano l’omertà sulle nefandezze dei nostri
alleati contro il nemico principale, l’Isis. Non pensate troppo alla
guerra di sterminio che l’alleato Assad ha scatenato contro il suo
popolo, uccidendo circa 200 mila siriani, civili, donne, bambini, non
affiliati allo Stato islamico. Fate come i Caschi blu dell’Onu quando
c’era la mattanza a Srebrenica o quando un mare di sangue macchiava il
Ruanda: giratevi dall’altra parte per non guardare, altrimenti si
attenta alla saldezza della lotta comune contro il nemico principale.
Non sottolineate troppo, per dire, che il piccolo Aylan era in fuga con
la sua famiglia curda sia dai tagliagole Isis che dagli aguzzini del
nostro alleato Assad. Non fate caso ai soliti portatori di cattive
notizie che vogliono ricordare le terrificanti prigioni sotterranee di
Assad sotto i monumenti di Palmira. Ora finalmente liberata: Palmira,
per fortuna. Ma non i siriani torturati, per sfortuna.
Il realismo
politico, unito alla paura (il nemico principale arriva sin qui, la
tirannia di Assad si ferma lì e riguarda i siriani, non noi), comporta
infatti uno sgradevole ma inevitabile effetto collaterale: la
cancellazione di ogni interesse per la salvaguardia dei diritti umani
fondamentali ovunque nel mondo. Fino a poco tempo fa si parlava
dell’universalità di quei diritti, oggi invece è meglio lasciar perdere,
e possiamo eccepire sulla democraticità dell’Egitto solo se a essere
colpito è un nostro connazionale torturato a morte, sulla cui sorte non
sapremo mai la verità. Del resto, non è che quando sei in guerra puoi
metterti a sottilizzare sui tuoi alleati, non è che nella lotta contro
Hitler si potesse fare attenzione ai Gulag di Stalin. Solo che a noi
piace mettere in pace la coscienza e declamare col nodo in gola «mai più
Auschwitz», «mai più Srebrenica», «mai più Ruanda». Ha scritto Lorenzo
Cremonesi sul Corriere che ad Aleppo «vengono metodicamente attaccati»
dal nostro alleato «ospedali, cliniche di fortuna, scuole, strutture
comunitarie, abitazioni civili, condotte idriche, depositi di cibo».
«Mai più Aleppo»? Non sia mai.