venerdì 9 settembre 2016

Repubblica 9.9.16
Boschi, daini, castelli il Quirinale apre a tutti la grande bellezza di Castelporziano
La scelta di Mattarella: spalancare al pubblico la riserva di seimila ettari sul litorale romano e i suoi gioielli, finora visitabili soltanto per eventi eccezionali
Si accederà alla tenuta a gruppi di trenta in modo da tutelare un ecosistema unico
di Maria Novella De Luca

ROMA. Dune e daini. Cavalli e caprioli. Tartarughe palustri e nibbi bruni, gigli marini e querce secolari, l’aria di mare, il profumo di menta selvatica, il castello dei Savoia e le memorie di Plinio il Giovane. Poi il silenzio, che avvolge all’improvviso, non appena dalla foresta di cemento del litorale romano si entra nella tenuta presidenziale di Castelporziano, seimila ettari di storia e natura che il Quirinale ha deciso di aprire definitivamente al pubblico. In piccoli gruppi, con visite guidate, questo incredibile regno di biodiversità unico in tutto il Mediterraneo sarà dal prossimo 20 settembre accessibile a tutti, attraverso una serie di percorsi sia naturalistici che storico-artistici, tra pascoli, giardini, cavalli maremmani che corrono liberi e i resti delle ville dei nobili romani, che qui trascorrevano i loro “ozi”. Un progetto fortemente voluto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che già la scorsa estate aveva ospitato nella parte della tenuta che si affaccia sul mare di Capocotta gruppi di persone disabili, e poi le ferie di un centro anziani, nell’idea di restituire alla fruizione collettiva quello che era un luogo privilegiato del potere e delle istituzioni. Cominciando appunto dai più fragili.
Percorsi in “punta di piedi”, come li hanno definiti ieri gli esperti della commissione tecnico-scientifica (archeologi, botanici, zoologi, biologi) che hanno studiato nel dettaglio gli itinerari per non “turbare” il particolarissimo ecosistema della tenuta, così preservato proprio per il suo secolare isolamento. Mille specie vegetali, tremila specie di animali tra vertebrati e invertebrati, un centro ormai famoso, di “inanellamento” di uccelli rari che qui passano nelle loro migrazioni.
Un luogo di memorie stratificate, raccontate nei diversi itinerari. Da quello storico-artistico, quando, dopo l’Unità d’Italia, Castelporziano fu acquistata da Quintino Sella e diventò nel 1872 la riserva di caccia dei Savoia, i cui ritratti si trovano tuttora nel castello austero, disseminato di animali impagliati. Ma anche il padiglione delle carrozze, dove sono conservati i “carri” utilizzati dalla corte sabauda per le battute di caccia, i “Break” e gli “Hunting break”. Oppure l’itinerario archeologico, tra campagna e mare, dove si possono con un po’ di fortuna vedere daini e caprioli e dove i patrizi costruivano le loro ville estive, come racconta Plinio il Giovane in una lettera in cui descrive nel dettaglio le bellezze di Castelporziano. Fulcro delle memorie antiche, oltre al museo archeologico, i resti della Villa imperiale di Tor Paterno (un’area della tenuta), con il disegno delle vasche termali e il collegamento con un acquedotto che riforniva di acqua la villa, testimonianza di avanzatissime opere di ingegneria.
Forse però è la parte naturalistica quella che colpisce di più, in questa tenuta che sconfina sul “mare dei romani”, il litorale deturpato tra Ostia e Torvaianica, e di cui l’inaccessibile spiaggia di Castelporziano, con le sue meravigliose dune e i gigli di sabbia, rappresenta l’ultimo lembo intatto. (Nel 1972 il presidente Saragat donò due chilometri della spiaggia al comune di Roma). E mentre i cinghiali attraversano la strada, il professor Carlo Blasi, docente di Ecologia vegetale alla Sapienza di Roma, mostra le piscine naturali che si formano su strati di argilla, le straordinarie sugherete, la foresta di querce e di pini il cui intreccio di rami assomiglia ai labirinti paurosi delle favole. «È per tutelare questo concentrato di biodiversità che le visite guidate dovranno esser fatte a piccoli gruppi, a rotazione, per non ostacolare il lavoro della natura, fin qui preservato dalla poca presenza dell’uomo. Ci saranno percorsi difficili, da fare con le scarpe giuste, i repellenti per gli insetti, non delle semplici passeggiate nella natura. Perché a Castelporziano si passa dalle piante tropicali alla macchia mediterranea, dalle pianure alle zone collinari, dal sottobosco ai pascoli». La natura, insomma, nella sua libertà, nella sua grande bellezza. Ma anche come polmone di ossigeno per Roma, dice Blasi, mentre indica una tartaruga palustre che nuota in una delle tante piscine naturali che si scoprono tra i boschi. Attorno al giardino all’italiana che costeggia il castello, un mosaico con scene marine risalta sul verde dei prati. Ritrovato negli scavi della tenuta, era conservato al Museo nazionale romano, ed è stato riportato a Castelporziano alcuni anni fa. Simbolo delle tante storie di questo parco fino ad ora quasi segreto.