Repubblica 8.9.16
Il Pd e la destra non si illudano di recuperare consensi
Ma le ombre cinesi del Campidoglio non frenano il vento populista
È possibile che l’elettorato M5S non si faccia scalfire dalle vicende romane
La frattura tra sistema e anti-sistema potrebbe anche accentuarsi
di Stefano Folli
NELLA
tragicomica vicenda del Campidoglio si coglie una zona di ambiguità, o
meglio un punto interrogativo. Ha a che fare non tanto con i Cinque
Stelle, il cui destino non è poi così interessante, quanto con il futuro
e l’equilibrio complessivo del sistema politico. La domanda oggi senza
risposta è abbastanza semplice: dover andranno a finire i voti di chi ha
creduto, soprattutto a Roma, nella rivoluzione “grillina”?
Il
tono della polemica alimentata dal Pd sembra sottintendere che una parte
cospicua di quei suffragi torneranno nell’ambito del centrosinistra.
Dalle parti di Forza Italia - o come si chiamerà dopo la cura
rinvigorente di Parisi - c’è invece la speranza di ereditare un certo
sentimento di destra che pure ribolle insieme ad altri stati d’animo nel
calderone populista. In realtà, né gli uni né gli altri hanno la minima
certezza di quel che riserva il domani. E il rischio di prendere un
abbaglio non è trascurabile. Se si devono considerare i primi sondaggi
realizzati dopo il pasticcio capitolino sembra infatti che gli effetti
sulle percentuali dei Cinque Stelle siano modesti. Può darsi che sia
troppo presto per valutare, l’opinione pubblica ha bisogno di tempo per
capire cosa sta davvero accadendo a Roma. E in fondo non è detto che la
sorte di Virginia Raggi sia proprio in cima alle priorità degli
italiani: magari è preceduta dalle inquietudini per la stagnazione
economica, l’immigrazione o l’allegoria allarmante del terremoto.
Esiste
tuttavia un’altra spiegazione. È possibile che l’elettorato del M5S non
si faccia scalfire più di tanto dalle vicende romane. Se è vero che
nella capitale il voto - nella misura di oltre il 67 per cento - ha
premiato non tanto la signora Raggi, sconosciuta ai più, quanto il
simbolo di Grillo come veicolo e garanzia per punire tutti gli altri,
cioè l’establishment giudicato corrotto; se è vero questo, allora non
c’è da illudersi che il voto rifluisca facilmente verso il
centrosinistra o il centrodestra, ricostruendo il vecchio assetto
bipolare.
Per quanto deludenti siano i “grillini” alla prova del
governo, per quanto si ripeta in questi giorni che la loro utopia è
fallita e la loro classe dirigente si sta dimostrando al di sotto della
decenza, resta il fatto che una componente cospicua del corpo elettorale
non si riconosce nelle forze tradizionali e le contesta frontalmente.
Il sostegno ai Cinque Stelle non è ai Di Maio, ai Di Battista, alle
Raggi: ombre cinesi sullo sfondo di un dramma. Forse oggi non è più
nemmeno a Grillo, il capo carismatico un po’ sbiadito. Il sostegno è a
un movimento che si ritiene non omologabile, espressione di un rancore
permanente e di un’assoluta sfiducia verso chi governa o si trova
comunque vicino all’area governativa. Oggi è il M5S, domani potrebbe
essere un’altra sigla. Quello che è difficile credere è che questo
elettorato torni indietro in assenza di fatti straordinari capaci di
restituire credibilità e legittimazione al sistema.
In passato i
fenomeni populisti furono effimeri. Ma l’Uomo Qualunque nell’Italia
post-bellica fu sconfitto e riassorbito dalla Repubblica che si
consolidava intorno a De Gasperi e ai laici. In Francia fu il De Gaulle
della Quinta Repubblica a rendere superflua la protesta “poujadista” che
si era nutrita nella crisi della Quarta. Oggi i populismi hanno
cambiato natura e si sono insediati nel cuore dell’Europa, complice la
debolezza delle cosiddette “élites”, le classi dirigenti. Il francese
Hollande non arriverà probabilmente neanche al ballottaggio delle
presidenziali, a cui approderà Marine Le Pen. Il suicidio di Cameron ha
dato la vittoria a Farage e alla Brexit. In Austria rischia di
affermarsi il nazionalista che l’altra volta fu messo fuori gioco con
uno sgambetto. La stessa Germania fronteggia un rischio imprevedibile
fino a pochi anni fa. Perché l’Italia dovrebbe fare eccezione? Il “crac”
di Roma non significa che l’elettorato rimpianga i metodi di governo
del Pd e della destra. Cullarsi in una simile illusione potrebbe essere
molto pericoloso. Al contrario, la frattura fra sistema e anti-sistema
potrebbe persino approfondirsi.