Repubblica 7.9.16
La tendenza. Ecco cosa lega i film italiani alla mostra
Non c’è più politica. Adesso è la religione a ispirare il cinema
di Concita De Gregorio
VENEZIA
GABBIE, ma anche case. Prigioni e insieme rifugi. Per costruire la
propria identità c’è bisogno di un luogo a cui appartenere. Sentirsi
“parte di”. Era la politica, per i ragazzi degli anni Settanta.
Potrebbero tornare a essere le religioni, oggi: le ortodossie religiose.
Nel nulla fuori, la politica corrotta e scomparsa dall’orizzonte delle
giovanili speranze, i gruppi religiosi coesi danno ai ragazzi — al di là
della fede e spesso indipendentemente dal credo — un posto a cui
appartenere. Al tramonto della politica corrisponde la ricomparsa delle
religioni. Non solo Islam ma cattolicesimo integralista, neocatecumeni,
testimoni di Geova.
Questo dicono,
confermando un fiume sotterraneo potente del mondo visto dal Festival,
due film speculari e contrari. La ragazza del mondo di Marco Danieli e
Assalto al cielo di Francesco Munzi arrivano in sala lo stesso giorno
colmi di ricorrenze e rimandi. Danieli racconta, nel suo primo film, il
percorso di formazione di una ragazza nata in una famiglia di testimoni
di Geova, il passaggio dall’adolescenza alla giovinezza e la costruzione
di un’identità dentro e fuori dal gruppo chiuso, spalle al mondo, della
sua comunità. Una ragazza anni Duemila. Francesco Munzi, dopo Anime
nere, qui monta con mano delicatissima, quasi volendo rendersi
invisibile, materiali d’archivio degli anni fra il ’67 e il ’77 e
racconta in Assalto al cielo quella generazione che ha desiderato e
creduto di poter cambiare il mondo con la politica. Munzi è nato nel
1969. Quando accadeva in Italia quel che mostra nel film era un bambino
alle elementari. Nei suoi occhi c’è la sorpresa della scoperta
dall’interno (i cinegiornali studenteschi, i materiali dell’Istituto
Luce e della cineteca di Bologna, Radio Popolare, i resoconti delle
assemblee) di quel che si è sempre sentito raccontare, mai vissuto:
lieve nostalgia, stupore quasi antropologico. La passione politica
radicale scomparsa. Danieli è del ’76. Uno è nato un anno dopo il ’68,
l’altro un anno prima del ’77. Sono la generazione venuta dopo l’assalto
al cielo. Ma di appartenere c’è sempre bisogno, e dunque oggi a cosa?
L’opera
prima di Marco Danieli è un film con una sua architettura armoniosa,
molto personale. Diverso. Anche questo, come Indivisibili, alle Giornate
degli autori: curiosamente i migliori film italiani si sono visti
finora fuori concorso. La protagonista, Sara Serraiocco (già
stupefacente nella parte della cieca in Salvo) conferma l’ondata di
talenti diseguali delle giovani attrici che avanzano. Misurata, intensa,
sempre convincente nel mostrare buio e luce dell’adesione a una fede
assoluta. Pippo Delbono, l’officiante, è repellente e seducente. Il capo
carismatico e dispotico di ogni gruppo chiuso, ostile al mondo —
dissoluto, disperato — là fuori. La storia d’amore con Michele Riondino è
solo un pretesto per raccontare di lei: se restare al caldo gelido
della famiglia e dei confratelli, la gabbia-casa, o se andare, sola, nel
mondo. Vale per tutti.
Se i testimoni di
Geova sono l’occasione per parlare di un’ortodossia religiosa, quale che
sia, la politica dei movimenti anni 70 sono la forma per dire che anche
l’eresia politica è stata ortodossa. Feroce nel distinguere chi sta
dentro e chi sta fuori mentre proclama la libertà assoluta, la legge del
desiderio, l’utopia. Nudi («nudi sì, ma contro la Dc», lo slogan) ma
capaci di fare di ogni scelta un’arma e dividere il mondo fra amici e
nemici, confine indiscutibile e invalicabile.
A
completare la suggestione neoreligiosa e postpolitica passa nello
stesso giorno in Orizzonti il docufilm di Federica Di Giacomo, Liberami,
frutto di un lungo lavoro sul mondo degli esorcisti, dotato di scuole e
corsi di formazione in Vaticano per preti incaricati di liberare i
posseduti dal demonio. Corsi frequentatissimi. Sensazionale è chi va a
farsi esorcizzare: un mondo popolato da ragazze adolescenti e giovanotti
tatuati convinti che i loro desideri e turbamenti siano il segno del
demonio e incapaci di separarsi, in fondo, dalla pratica dell’esorcismo e
da quella chiesa chiusa: alla quale finiscono per appartenere,
consolandosi di vite piene solo di quello che manca.