Repubblica 6.9.16
Il fantasma tedesco che bussa a casa nostra
Nell’avanzata xenofoba la rabbia degli “ultimi” dimenticati dall’Europa
di Ezio Mauro
C’È
ORMAI un rintocco generale, che vale per tutta l’Europa, per ogni
campana elettorale che suona nei diversi Paesi, nelle regioni, nei
comuni, e batte regolarmente l’ora della nuova destra populista e
xenofoba. Pochi giorni dopo il “giuramento” simbolico di fedeltà
europeista dei tre leader di Francia, Germania e Italia riuniti a
Ventotene, un movimento anti- immigrati nato soltanto tre anni fa si
porta via il 22 per cento del Meclemburgo-Pomerania al suo primo test
elettorale, superando clamorosamente la Cdu proprio nel Land dove c’è il
collegio elettorale di Angela Merkel. Si rompe dunque il tabù tedesco
dell’estrema destra tenuta per anni a bada dalla diga centrista della
Cdu. Quella diga continua ad allargare le sue crepe elezione dopo
elezione indebolendo la Cancelliera e la sua coalizione in vista delle
elezioni politiche del prossimo anno.
MENTRE il populismo di
destra completa la sua geografia continentale attaccando la Germania
dopo aver conquistato l’Europa di mezzo in Polonia, Repubblica Ceca,
Slovacchia e Ungheria, in attesa che si voti per il presidente
austriaco.
Proprio un anno fa la Merkel aprì le porte ad un
milione di profughi siriani spiegando semplicemente che questo era un
dovere per un Paese forte come la Germania e se ne assunse la
responsabilità con una promessa: “Wir schaffen das”, ce la faremo. Oggi
quella politica coraggiosa, che segnò un’inversione di rotta per una Ue
abituata a considerare l’immigrazione un problema del Sud, si ritorce
contro la cancelleria, con un moltiplicatore politico fantasmatico che
lavora sulla paura e non sui dati reali del fenomeno. Proprio il
Meclemburgo è infatti il Land con l’indice più basso di immigrati, e con
la disoccupazione ferma al 9 per cento. Ma i numeri non contano più di
fronte all’evidenza simbolica dei corpi dei migranti che il populismo
spoglia di ogni diritto, per ridurli a quantità, ingombro, e soprattutto
diversità. Questo vale per le grandi strade di Monaco o per le piccole
vie del centro di Baden Baden, dove la presenza del velo integrale nei
gruppi di immigrati è massiccia. Ma vale soprattutto nei Laender dell’ex
Germania orientale come il Meclemburgo dove l’egoismo è frutto di un
debito della storia, universale dunque inestinguibile, e dove la
cittadinanza democratica è una conquista troppo recente per non
rappresentare un credito politico, ancora e sempre aperto e difficile da
condividere con altri.
Ma le ragioni tedesche spiegano solo in
parte quel che sta accadendo intorno a noi. La questione è europea, anzi
chiama in causa l’intero Occidente e non solo, tanto che la Ue al G20
in Cina ha chiesto aiuto al mondo. Guerre, fame, carestie e povertà
mettono in marcia e per mare milioni di persone che cercano una sponda
di libertà dove appoggiare il futuro dei loro figli. L’Europa è la terra
promessa naturale, geograficamente ma anche politicamente perché è un
insieme di Paesi cristiani (la fraternità) che credono nella democrazia
dei diritti (l’uguaglianza) e nella democrazia delle istituzioni (la
libertà). Investita da quest’onda migratoria l’Europa non riesce a
conciliare i suoi doveri morali di accoglienza con i suoi doveri
politici, la sicurezza da garantire ai cittadini.
Se aggiungiamo
la sfida di morte che il terrorismo islamista ha dichiarato alla
democrazia europea, con omicidi rituali nel cuore delle nostre città,
comprendiamo facilmente che il riflesso d’insicurezza è ai livelli di
guardia. Se pensiamo che la più lunga crisi economica del secolo si sta
trasformando in una crisi permanente del lavoro, concludiamo che la
misura è colma.
Sia l’elemento simbolico — fortissimo — sia
l’elemento reale, concreto, di queste tre crisi congiunte si scaricano
soprattutto sulla fascia più debole della nostra popolazione. Gli
anziani, le persone sole che vivono nei piccoli centri e con
l’immigrazione si trovano sotto casa un mondo rovesciato che non avevano
mai avuto modo di conoscere, e temono di perdere il filo identitario di
esperienze condivise, smarrendosi in un’incertezza di comunità che li
rende egoisti di futuro, esclusivi nel lavoro, gelosi del welfare, nato
come strumento di solidarietà e oggi rovesciato nel suo contrario.
Questi soggetti infragiliti dalle tre crisi tornano come all’inizio
dello Stato moderno a chiedere protezione al potere pubblico, pronti a
barattare quote di libertà (i muri che escludono, ma ci rinchiudono) in
cambio di quote di sicurezza. Il problema è che la loro libertà in
vendita non vale nulla al fixing degli spazi sovranazionali dove corrono
i flussi delle informazioni e della finanza, e dove il potere non è
un’entità afferrabile, riconoscibile e riconosciuta con cui negoziare. E
il buon vecchio Stato nazionale, se anche fosse interessato allo
scambio, non potrebbe garantire la sicurezza che gli viene richiesta,
perché le tre crisi superano le sue dimensioni e la sua potestà di
governance.
La domanda — politica — di tutela e rassicurazione
rimane dunque senza risposta. Ed ecco nello spazio vuoto il sentimento
generale che oggi unifica l’Europa: la sensazione che il mondo sia fuori
controllo, che i fenomeni siano più forti di chi li dovrebbe governare,
ormai autonomi, che la politica e le istituzioni siano fuori gioco.
Tutto questo aumenta la nuova solitudine repubblicana in cui vive il
cittadino che non si sente più tale, perché avverte che per i suoi
interessi vitali la posta politica in gioco è comunque bassa, le offerte
promettono ciò che non possono oggettivamente mantenere. È uno
smarrimento democratico che fa saltare il vincolo di interdipendenza tra
il singolo e il potere pubblico, perché non si cercano più risposte
collettive a problemi ormai vissuti come individuali. Lo Stato e il
cittadino diventano così la nuova coppia malata della post-democrazia,
costretti a vivere insieme ma indifferenti l’uno all’altro, con ogni
passione civile ormai spenta.
Tutto questo dovrebbe creare un
problema enorme alla sinistra, visto che riguarda la fascia più debole
della popolazione. Dovrebbe creare un problema gigantesco a tutte le
forze democratiche, visto che si erode sotto i nostri occhi il perimetro
della rappresentanza, su cui si fonda proprio la democrazia nella forma
che abbiamo scelto. E invece, nella consunzione dei partiti, delle
ideologie e delle culture, una sola presenza politica resiste in quel
mondo smarrito e infragilito di post-cittadini che cercano tutela e
risposta ai loro timori. È il populismo senza storia e senza cultura che
si fa semplice specchio delle paure sparse, alimentandole invece di
risolverle, inventando soluzioni paramilitari (muri, affondamenti,
respingimenti, marchi, filo spinato) che già nella concezione
ribadiscono e fissano psicologicamente lo stato d’assedio che vorrebbero
risolvere. Sono risposte primitive e propagandistiche a problemi
complessi. Parlano ad una paura spesso irrazionale, però esasperata, che
non vede più un “conduttore” politico moderato e si rivolge a quel che
trova, comprese le incitazioni a seguire gli istinti più bassi, lanciate
dalle forze xenofobe di destra e della pseudosinistra.
Il
risultato è ciò che oggi vediamo in Germania, dopo averlo visto ovunque.
Chiamiamo le cose con il loro nome: masse popolari fuoriescono dal
“sistema” dello Stato-benessere, dal “sistema” dell’economia sociale di
mercato, dal “sistema” della democrazia occidentale articolata su una
destra e una sinistra, dai nomi diversi ma dal carattere condiviso, dal
“sistema” dei conflitti sociali auto-controllati. Questa è la novità, il
problema che abbiamo davanti. Per ora, il populismo- specchio trasforma
quel sentimento di smarrimento di cittadinanza in un risentimento da
cui trarre semplici e proficui dividendi elettorali: non in politica,
perché non ha gli strumenti culturali per farlo, e perché vive nel
presente titanico di una rappresentazione dannata, a cui per definizione
non c’è futuro, se non il crollo. È la negazione della politica, il
moderno nichilismo. Ma il moderno spazio per una vera politica di
governo europeo dell’emergenza esiste, per garantire l’accoglienza ai
profughi e la sicurezza ai cittadini: ricostruire il sistema coniugando i
diritti degli ultimi con quelli dei penultimi.