Repubblica 5.9.16
Lo scenario.
I nazionalisti non sfondano
solo a Est. Manca la capacità delle forze democratiche di articolare una
risposta politica alla loro sfida
Rotto il baluardo tedesco ora la valanga populista minaccia la Vecchia Europa
di Andrea Bonanni
IL
SUCCESSO dell’estrema destra anti immigrati in Meclemburgo pone fine
all’eccezione tedesca. Finora la Germania era rimasta l’unico Paese
europeo in cui la montata populista risultasse in qualche modo
contenuta. Merito della pragmatica prudenza della Merkel. Ma soprattutto
di una economia che ha risentito meno delle altre della crisi e che
continua a crescere garantendo livelli di occupazione decisamente sopra
la media Ue. Ma in Europa nessun Paese è un’isola. Ed ecco che, un anno
dopo la coraggiosa decisione della Cancelliera di aprire le porte a un
milione di rifugiati siriani, anche la Germania si trova sommersa dallo
tsunami del mal di pancia nazional-populista. Lo stesso che, qualche
mese fa, ha spinto la Gran Bretagna fuori dall’Unione. Lo stesso che
minaccia ora di travolgere il governo olandese alle elezioni di marzo
prossimo. Lo stesso che con Marine Le Pen mette un’ipoteca molto pesante
sulle presidenziali francesi di aprile-maggio. E che potrebbe portare
ad una clamorosa sconfitta della stessa Merkel alle politiche tra poco
più di un anno. Del resto la Cancelliera è reduce da una serie di
batoste nelle elezioni locali e sta registrando pessimi risultati nei
sondaggi di opinione.
Ma il successo dell’Afd, che conquistando
quasi un voto su quattro diventa il secondo partito nel Meclemburgo,
rispecchia, come dimensioni, l’affermazione delle forze populiste,
nazionaliste e anti-europee nel Parlamento di Strasburgo. Un po’ in
tutti i Paesi della Ue, la destra anti-Ue viaggia tra il venti e il
trenta per cento. E in molte capitali è ormai entrata al governo. In
Polonia è al potere il partito Legge e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski,
conservatore, nazionalista, ultracattolico, anti-europeo e accusato di
attentare alle istituzioni democratiche del Paese. In Ungheria è Fidesz,
il partito del primo ministro Viktor Orban, che è diventato il capofila
dei populisti est-europei, anche se i neonazisti di Jobbik si
avvicinano al 20 per cento. In Slovacchia, il Partito nazionale
slovacco, che si definisce nazional- socialista, fa parte del governo di
coalizione. In Finlandia il Partito Nazionale finlandese è al governo
con altri due partiti di destra. In Lettonia i nazionalisti di Alleanza
Nazionale sono anche loro in un governo di coalizione. Come i cugini
lituani di Ordine e Giustizia. In Grecia, a fianco dell’estrema sinistra
di Syriza, il partito di Tsipras, sono al governo i nazional-populisti
di Anel, i Greci Indipendenti, mentre i neo-nazisti greci di Alba
Dorata, hanno comunque segnato un grosso successo elettorale.
Adesso
la deriva nazional-populista, che aveva sfondato nell’Europa orientale
dove gli anticorpi democratici sono più deboli e più recenti, minaccia
di dilagare anche nella Vecchia Europa. In Francia i lepenisti sono il
primo partito. La Germania ha ormai perso la sua virtù di moderazione e
l’Afd passa da un successo elettorale all’altro. In Italia, oltre alla
Lega dichiaratamente lepenista e a una buona fetta della destra ex
berlusconiana, restano da chiarire le troppe ambiguità sull’Europa del
Movimento 5 Stelle. In Olanda Geerd Wilders raccoglie oltre il 25 per
cento dei consensi e potrebbe vincere alla prossime elezioni. In Austria
si rivoterà il 2 ottobre per il presidente della Repubblica, con il
candidato di estrema destra che viaggia attorno al 50 per cento dei
voti.
Un po’ dovunque la valanga populista ha prodotto il medesimo
effetto, costringendo la destra e la sinistra moderate a coalizzarsi
per governare. È già successo al Parlamento Europeo. Succederà così
anche in Meclemburgo, dove socialdemocratici e democristiani insieme
conservano comunque la maggioranza nel parlamento regionale. È probabile
che anche alle prossime elezioni presidenziali francesi si assista, nel
ballottaggio, alla desistenza del candidato socialista o neo-gollista
per fermare la Le Pen. Ma il problema è che, fino ad ora, queste
coalizioni tra partiti storicamente rivali sono state dettate
dall’emergenza. Sono frutto della necessità di far fronte all’onda del
malcontento popolare conservando un potere di impronta europeista ma
preservando sul fondo le antiche rivalità. Quello che è mancato, e che
ancora manca, è la capacità delle forze democratiche di articolare una
risposta politica comune alla sfida nazional-populista. Matteo Renzi, a
suo modo, ci sta provando. Dopo la débacle nel Meclemburgo, anche Angela
Merkel farà bene a cercare di battere questa strada, se tra un anno
vorrà ancora ritrovarsi nella Cancelleria.