La Stampa 5.9.16
L’ascesa dei partiti populisti fa tremare le cancellerie europee
Così Bruxelles cerca di arginarli
Sale la preoccupazione in vista del voto in Austria e del referendum in Ungheria
di Marco Bresolin
Le
politiche migratorie e la solidità delle leadership nazionali. Negli
uffici che contano di Bruxelles, l’interpretazione del voto di ieri in
Meclemburgo-Pomerania è duplice. Perché l’affermazione dell’Afd, partito
populista dell’estrema destra tedesca, ha un effetto su due fronti.
Magari non sarà stravolgente nell’immediato, ma si tratta dell’ennesimo
campanello d’allarme. Nell’autunno europeo potrebbero suonarne parecchi e
l’Ue - temono a Bruxelles - rischia di trovarsi a un punto di non
ritorno. Il calendario è fitto. Le prossime date-chiave sono il 2
ottobre (referendum anti-migranti in Ungheria e presidenziali in
Austria) e, soprattutto, il referendum italiano. A oggi, assicurano
fonti vicine al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, è
quello il vero verdetto-clou per l’Europa.
Il duplice effetto
I
due capitoli toccati dall’ondata populista in Germania sono ovviamente
interconnessi: da un lato la politica di apertura ai migranti, avviata
un anno fa dal governo tedesco e in linea con l’Europa, subisce un’altra
bocciatura. Dall’altro la leadership di Angela Merkel, che continua a
essere il capo di governo più influente a Bruxelles, è giorno dopo
giorno più debole. Sul dossier migranti, l’Ue non è certo intenzionata
ad arretrare. Barriere e respingimenti «tout court» non sono considerati
la giusta soluzione per affrontare l’ondata di arrivi. L’Europa
continuerà a difendere, finché potrà, l’accordo con la Turchia, avvierà
un piano di investimenti nei Paesi di origine per frenare le partenze e
continuerà nell’opera di persuasione sui singoli Stati per una maggiore
solidarietà. C’è da completare l’avviato processo di redistribuzione dei
richiedenti asilo, che avanza sempre più a rilento (in un anno meno di
4500 sono stati effettivamente trasferiti da Italia e Grecia, su un
totale di 160 mila da rilocare entro settembre 2017).
Ricette in discussione
Non
cambia la linea, dunque. Ma con simili risposte dai cittadini nelle
urne, ci si interroga se queste ricette siano quelle giuste. Il 2
ottobre sarà una data chiave per la questione immigrazione. In
calendario ci sono le presidenziali austriache e un’affermazione di
Norbert Hofer, che si gioca la rivincita dopo aver perso al ballottaggio
contro l’ex verde Van der Bellen (voto contestato e poi annullato),
metterebbe Vienna nelle mani di un Presidente che vuole «fermare
l’invasione» dei migranti, ridurre l’assistenza minima garantita ai
profughi e che considera l’Ue «un’unione di debiti e di responsabilità
per conto terzi». E poi c’è il referendum in Ungheria, dove il premier
Viktor Orban sta facendo un’intensa campagna per dire «No» al progetto
dell’Ue che prevede un’equa ripartizione dei richiedenti asilo tra gli
Stati membri. La bocciatura delle quote da parte di Budapest sarebbe
l’ennesima bocciatura all’Europa in una consultazione popolare, come è
successo nell’aprile scorso in Olanda (respinto l’accordo di
associazione Ue-Ucraina) e a giugno con la Brexit.
Il peso di Berlino
C’è
poi la questione delle leadership nazionali. Tra un anno ci saranno le
elezioni politiche a Berlino e non è certo che Merkel si ricandidi.
Un’uscita di scena, anticipata da un declino della sua popolarità, è
destinata a smuovere anche gli equilibri in Europa. Magari questo sarà
un bene per chi contesta lo strapotere tedesco e vorrebbe una diversa
distribuzione dei pesi dei vari Stati anche in vista dell’uscita di
scena della Gran Bretagna. Ultimamente, fanno notare a Bruxelles, i
rapporti tra Merkel e Juncker si sono raffreddati notevolmente. Ma
l’idea di una Germania con una Afd forte fa paura a tutti.
La foto di Ventotene
«Il
tramonto di Merkel è vicino, Hollande è ormai praticamente finito.
L’unico leader su cui ci sentiamo di puntare per il futuro è Matteo
Renzi». Una fonte vicina a Juncker riassume così il pensiero del
presidente della Commissione Ue, determinato a sostenere il referendum
italiano sulle riforme istituzionali. A Bruxelles temono che una
vittoria del «No» possa provocare un’instabilità politica in Italia, con
importanti ripercussioni a Bruxelles. Nel giro di un anno la foto di
Ventotene rischierebbe di diventare un cimelio del passato.