Repubblica 5.9.16
Corriere 5.9.16
La proibizione del burkini piacerebbe agli integralisti
risponde Sergio Romano
Sono
cattolico, ma non sono d’accordo con S.E., che, a mio avviso, sbaglia
pericolosamente, e vorrei chiedere il suo parere. Il divieto autoritario
all’uso del burkini può essere controproducente, ma promuoverlo o
lodarlo è un affronto alla coscienza occidentale e cristiana. Non si
tratta di «simboli di altre culture e loro accettazione». Ha ragione il
sindaco di Cannes dicendo che si tratta di un «simbolo dell’estremismo
islamico» che ritiene ancora oggi il sesso femminile vergognoso, impuro e
sporco. Monsignor Galantino ha citato il Santo Padre che ha detto “che
se una donna musulmana vuole portare il velo deve poterlo fare», e
aggiunge che “ogni persona ha diritto a mostrare la propria fede anche
nell’abbigliamento, se lo ritiene opportuno”. Papa Giovanni Paolo II
faceva il bagno con un costume come ogni altro uomo, e non con la talare
bianca! Cosa direbbe Papa Francesco se sul giornale apparisse un
Vescovo facendo il bagno con lo zucchetto in testa o peggio una suora in
burkini. Il problema è che stiamo scivolando verso una islamizzazione
del nostro mondo cristiano, senza accorgerci, e si stanno portando
dentro la Chiesa dei veri e propri cavalli di Troia. Mons Galantino dice
che “La libertà da riconoscere ai simboli religiosi va considerata alla
pari della libertà di esprimere i propri convincimenti e di seguirli
nella vita pubblica». Non vorrei vedere le mie nipotine, costrette ad
indossare il burkini a Rapallo.
Domingo Merry del Val Milano
Caro Merry del Val,
Il
solo argomento che un sindaco può invocare, a mio avviso, per proibire
l’uso del bur -kini nelle spiagge e nelle piscine della sua città, è
l’ordine pubblico. Se l'apparizione di una donna vestita da capo a piedi
suscita le reazioni violente di alcune persone , il primo cittadino ha
effettivamente il potere di intervenire con una ordinanza. Ma
l’interdizione, in questo caso, se non si vuole implicitamente
legittimare la violenza degli oppositori, deve essere temporanea e
durare soltanto sino a quando, il più rapidamente possibile, saranno
state adottate misure per impedire ai facinorosi di imporre la loro
volontà.
Chi vorrebbe una legge contro il burkini muove
probabilmente dalla convinzione che il costume da bagno integrale sia la
più recente mossa di una strategia diretta a sovvertire i nostri
costumi e a islamizzare le nostre società. A me il bur- kini sembra
invece il mezzo di cui molte donne musulmane si stanno servendo per
uscire dal ghetto familiare in cui i tradizionalisti e i jihadisti
vorrebbero confinarle, per vivere la vita delle donne europee. Se
venisse proibito, i primi a gioirne sarebbero i padri possessivi e
gelosi, le madri arcigne e tradizionaliste, gli imam fondamentalisti e,
naturalmente, i jihadisti.
Vi è un’altra ragione per cui la
proibizione del burkini sarebbe ingiusta e pericolosa. Offrirebbe ad
altri il pretesto per chiedere analoghi provvedimenti contro particolari
gruppi etnici e sociali. Qualcuno chiederebbe che ai sikh venisse
imposto il taglio dei capelli. Altri vorrebbero che agli ebrei ortodossi
venisse proibito di lasciare crescere i riccioli sulle tempie (i
payot); altri ancora che ai popoli dell’Africa e dell’Asia venisse
impedito di indossare il costume nazionale. So che in Francia esiste un
precedente: la legge raccomandata dalla Commissione Stasi con cui
vengono proibiti nelle scuole i segni distintivi della religione
professata dagli alunni (il velo musulmano, la kippah ebraica, la croce
cristiana ostentata sul petto o sul bavero della giacca). Ma le scuole
sono comunità particolari in cui è lecita una disciplina giustificata
dalle loro finalità educative e dalla età di coloro che ne traggono
vantaggio.