Repubblica 5.9.16
Un uomo ucciso dopo l’ennesima aggressione a un esponente della comunità: e in migliaia scendono piazza per protestare
“Contro di noi asiatici razzismo e violenze” La rivolta dei cinesi nelle strade di Parigi
di Anais Ginori
PARIGI.«I
cinesi non li senti mai, sono così discreti». Nonostante la rabbia,
Sun-Lay Tan ricorre all’autoironia con una battuta scritta su un immenso
pallone che vola. «Siamo stufi di essere vittime di pregiudizi» spiega
uno dei responsabili della petizione lanciata qualche settimana fa e
diventata ormai un movimento. In piedi sul camioncino che guida la testa
del corteo scandisce con il megafono “Sé-cu-ri-té”. Sicurezza è il
grido della comunità cinese scesa nelle strade della capitale per
protestare contro il nuovo “razzismo anti-asiatici”, e sfatando il
cliché secondo cui gli immigrati della Repubblica popolare non vogliono
mai farsi notare.
Mentre il presidente François Hollande
partecipava al G20 a Hangzhou, a Parigi andava in scena la prima rivolta
della comunità cinese di Francia. Erano migliaia ieri pomeriggio,
trentamila secondo gli organizzatori, per protestare contro l’ennesima
aggressione avvenuta quasi un mese fa a Aubervilliers, la banlieue a
nord di Parigi, dove esiste una forte presenza di immigrati cinesi. Il 7
agosto Zang Chaolin, commerciante di 49 anni, padre di famiglia, è
stato picchiato da tre ragazzi mentre tentava di difendere l’amico a cui
volevano rubare il borsello. L’uomo è morto qualche giorno dopo.
Secondo i rappresentanti della comunità l’inchiesta è andata a rilento, i
presunti aggressori sono stati arrestati solo quattro giorni fa. «Il
fermo è avvenuto quasi un mese dopo l’arresto» commenta Ling Lenzi,
consigliera municipale di Aubervilliers. La petizione lanciata su
Change. org chiede che i magistrati riconoscano il razzismo come
aggravante.
Aubervilliers è una delle principali piazze
dell’import-export tessile in Francia, ma è anche un quartiere a forte
presenza di maghrebini. Il razzismo denunciato nel corteo proviene
spesso da altre comunità. «L’amico di Zang Chaolin – osserva Sun-Lay Tan
- è stato preso di mira perché nell’immaginario i cinesi sarebbero
tutti ricchi e avrebbero molti contanti addosso». Oltre alle aggressioni
di turisti cinesi nel centro della capitale, sono aumentate anche le
violenze contro gli immigrati: almeno un centinaio a Aubervilliers
dall’inizio dell’anno. Le cifre non rappresentano la reale situazione.
Molti
cinesi non si presentano in commissariato perché non hanno i documenti
in regola o non parlano francese. Il commissariato di Aubervilliers ha
assunto due interpreti dal mandarino solo qualche mese fa. Le denunce
finiscono spesso in un nulla e la classe politica ha finora ignorato il
fenomeno. «Abbiamo dovuto vedere dei morti per essere finalmente presi
sul serio » sottolinea Olivier Wang, responsabile dell’associazione
giovani cinesi.
Alla fine il ministro dell’Interno Bernard
Cazeneuve ha promesso un rafforzamento della videosorveglianza e
pattugliamenti in alcune strade commerciali. Ma il primo partito che ha
reagito alla morte del commerciante il 7 agosto è stato il Front
National. «Questa barbarie non può rimanere impunita» ha twittato Marine
Le Pen che considera la comunità cinese ben integrata e più
“assimilabile” alla società, a differenza di altre.
La diaspora in
Francia rappresenta oggi oltre 600mila persone ed è la più grande
d’Europa. «E ora chi sarà il prossimo?» recita uno striscione dedicato
al commerciante ucciso. Chaolin Zhang era arrivato nel 2003 dal Wenzhou,
la regione da cui proviene metà degli emigrati verso la Francia.
Molti
però vivono qui da decenni, sono fuggiti dal regime, parlano francese. I
manifestanti hanno intonato più volte la Marsigliese, indossando
magliette bianche con il tricolore (“Stop Violences”) e sventolavano
bandiere blu-bianco-rosso. Per Hai, 69 anni, sbarcato a Parigi
trent’anni fa, c’è stato un rapido peggioramento. «Sono stato già
aggredito quattro volte, ora ho paura quando le mie figlie escono la
sera».
La comunità ha imparato a organizzarsi, con allerte su
We-Chat, il WhatsApp cinese, con ronde notturne in bicicletta. Il
servizio d’ordine del corteo di ieri è stato assicurato da oltre
trecento volontari, molti con esperienza nella Legione straniera.
«Dobbiamo farci giustizia da soli? » domanda uno striscione. Nel 2010 è
stato creato il collettivo “Sécurité pour tous” dopo che un famiglia di
cinesi di Belleville era stata aggredita durante un banchetto di nozze.
Già allora l’associazione aveva organizzato alcune manifestazioni, in
tono minore rispetto a quella di ieri. Segno di una tensione che sta
salendo.