lunedì 5 settembre 2016

Corriere 5.9.16
Il sultano Erdogan e il cinico realismo (che non è piaggeria) dei potenti del mondo
di Antonio Ferrari


Le fotografie, le agenzie, le immagini ci raccontano che il G20 ha trovato il suo «figliuol prodigo»: il sultano turco Recep Tayyip Erdogan, che riceve gli omaggi di tanti protagonisti dei destini del mondo. Non è piaggeria, è cinico realismo.
L’Unione Europea, e in particolare la cancelliera Angela Merkel, lo vezzeggia perché alla Turchia che contiene il flusso di migranti non si può rinunciare. Il presidente russo Vladimir Putin elogia il suo nuovo e obbediente alleato regionale, pur conoscendo la storia e ben sapendo che le relazioni tra le due ex potenze imperiali (oggi non proporzionate nei rapporti di forza) non sono mai state durature. Gli altri partner europei, guardinghi, stanno prudentemente alla finestra. La Cina, con sperimentata e scaltra pazienza, dice la metà di quello che pensa. E poi ci sono gli Stati Uniti, la prima forza della Nato, di cui la Turchia è la seconda, almeno militarmente.
È vero che il presidente Barack Obama è alla fine del suo secondo mandato. Ha fatto ciò che poteva fare, e a nostro avviso molto di più, ma è comprensibile che distribuisca attestati di comprensione a tutti, in attesa di consegnare responsabilità che toccheranno al suo successore. Ieri Obama, incontrando Erdogan, lo ha trattato da partner nobile, un trattamento che non sarà certo dispiaciuto al suo megalomane interlocutore. Il presidente ha detto: «Chi ha ordito il golpe la pagherà», lasciando intendere che l’America sarà pronta a sostenere le prove raccolte dall’insostituibile alleato. Il messaggio è chiaro come una medaglia a due facce. C’è chi l’ha interpretato come un’apertura verso l’estradizione in Turchia del nemico di Erdogan, Fethullah Gülen. Ma pensare che gli Usa estradino un uomo libero senza prove documentali, è quantomeno ingenuo. Mica siamo al suk, intendeva Obama, che sicuramente ne sa più di noi.