Repubblica 5.9.16
Sfida del referendum Cgil in campo per il No “Squilibrio tra poteri”
Per il Sì appello di ex-Ds tra cui Martina e Zingaretti Renzi torna a escludere le dimissioni: nel 2021 ci sarò
di Andrea Carugati
ROMA.
Il referendum costituzionale si conferma elemento di divisione a
sinistra. Oggi D’Alema riunisce a Roma i dem schierati per il No. Ieri
un gruppo di ex Ds ha aderito all’appello “Sinistra per il Sì” promosso
dai ministri Maurizio Martina e Andrea Orlando e sottoscritto, tra gli
altri, da Piero Fassino, Nicola Zingaretti, Matteo Orfini, Anna
Finocchiaro, Cesare Damiano, Gianni Pittella e Sergio Zavoli. Il 2
ottobre a Milano assemblea nazionale. Dalla Cina Matteo Renzi fa sapere
che all’Italia spetterà uno dei prossimi G20 e lega l’appuntamento
all’incognita della consultazione popolare: «Non so se il G20 sarà nel
2019, 2020 o 2021, ma io, se non perdo il referendum, le elezioni o la
pazienza, ci sarò...». E Maria Elena Boschi informa su un possibile
slittamento della data del voto rispetto a quelle ipotizzate finora:
«Tra la fine di novembre e i primi di dicembre».
La novità delle
ultime ore è che la Cgil si schiera ufficialmente per il No. La
decisione sarà annunciata all’assemblea generale che si terrà a Roma il 7
e 8 settembre. Un No che fa seguito a un documento critico che il
direttivo del sindacato rosso aveva votato a maggio, mettendo in luce lo
«squilibrio tra potere legislativo ed esecutivo» e «l’indebolimento
degli organi di garanzia», oltre ad una «eccessiva centralizzazione». In
quell’occasione però il pressing di alcuni dirigenti più “moderati”, a
partire dal segretario della Fillea (edili) Alessandro Genovesi e dal
segretario confederale Fabrizio Solari, aveva evitato una esplicita
indicazione di voto. Stavolta, dopo mesi di seminari e confronti tra
delegati e iscritti sul merito della riforma, la Cgil si schiera
apertamente: e lo fa con un ordine del giorno che sarà votato dagli
oltre 350 componenti dell’assemblea, l’organismo più rappresentativo del
sindacato. Il documento è frutto di una mediazione che Susanna Camusso
ha affidato all’estensore Danilo Barbi: la Cgil, a differenza dell’Anpi,
non entrerà nei comitati per il No, e ci sarà «libertà di coscienza per
iscritti e dirigenti con opinioni diverse sulla riforma costituzionale
». «In questa estate si sono schierate praticamente tutte le
organizzazioni sociali, da Confindustria alla Coldiretti alla Cisl, non
ha senso che solo la Cgil resti in silenzio», spiega Barbi, che non
lesina critiche a come governo e premier hanno impostato la riforma. Ma
la soluzione trovata, spiega il segretario dello Spi Ivan Pedretti, «ci
consente di assumere una posizione largamente unitaria, evitando di
dividerci tra Sì e No e di infilarci dentro comitati dove c’è un po’ di
tutto, dalla destra al M5S».
Il voto in Cgil della prossima
settimana si annuncia molto largo a favore del No. Compreso Agostino
Megale, segretario dei bancari (iscritto al Pd) che giudica il No
«conseguente alle critiche che abbiamo formulato ». Ma resiste una
pattuglia di dirigenti dubbiosi. Come Emilio Miceli, segretario dei
chimici e tessili, intenzionato a votare Sì: «Una riforma pasticciata,
ma che non provoca guasti e contiene aspetti positivi come la modifica
del Titolo V. Per questo ritengo un errore schierarsi per il No e lo
dirò in assemblea». In dubbio su come votare anche Genovesi e il numero
uno della Filt Alessandro Rocchi. Schieratissime per il No sono, oltre
alla Fiom, anche le categorie della Funzione pubblica, scuola,
agroindustria e Nidil.
La scelta della Cgil (oltre 5,5 milioni di
iscritti nel 2015) arriva in un momento di grandi turbolenze a sinistra
sul referendum. Oggi al cinema Farnese di Campo de’ Fiori D’Alema
riunisce i sostenitori del No vicini al centrosinistra. Tra gli aderenti
i dieci parlamentari Pd che si sono già apertamente schierati, da Paolo
Corsini a Luigi Manconi, Walter Tocci e Massimo Mucchetti. Non ci
saranno invece i big bersaniani (che mandano una delegazione con Carlo
Pegorer e Giuseppe Zappulla) e neppure Gianni Cuperlo che intende
«ascoltare con attenzione» le ragioni di D’Alema, ma avverte a «non
chiudere nel No il perimetro della sinistra». E Roberto Speranza dalla
festa dell’Unità di Torino ribadisce: «Senza modifiche all’Italicum non
potremo votare Sì». E si appella alla ministra Boschi, ospite dopo di
lui di un dibattito: «Abbiamo ancora tempo per discutere». Andrea
Orlando dalla festa Pd di Catania spiega le ragioni del suo appello:
«Non sono per i toni apocalittici, ma con la vittoria del No il Paese
avrebbe molto da perdere».