venerdì 30 settembre 2016

Repubblica 30.9.16
Spagna, la guerra dei Roses nel Psoe
Scontro tra le due anime dei socialisti, che si sfaldano per l’appoggio a un governo guidato dai popolari di Rajoy Crolla la fiducia in Sánchez, dimissioni in blocco per destituirlo. Susana Díaz lancia la sfida per guidare il partito
La contesa anche all’esterno della sede a Madrid: impedito l’ingresso ai “nemici” del segretario
Il ruolo di Felipe González
di Alessandro Oppes

MADRID. Al numero 70 della Calle Ferraz, pieno centro di Madrid, la sede nazionale del Psoe ha assunto all’improvviso l’aspetto di un improbabile bunker, dove i fedelissimi di Pedro Sánchez resistono in modo scomposto al colpo di mano che ha mandato in frantumi la leadership del partito. Vigilantes che filtrano all’ingresso l’entrata dei “buoni” respingendo i “nemici”, saracinesche che si abbassano o si risollevano per ordini superiori, una folla di cameramen e fotografi accampati per strada in attesa di capire cosa stia accadendo. La guerra è totale da quando, mercoledì pomeriggio, la metà più uno dei componenti dell’esecutivo socialista - l’organo di governo del partito - ha presentato le dimissioni in blocco per provocare la caduta del leader. Ad accelerare la detonazione della crisi, poche ore prima in un’intervista telefonica dalla Colombia, l’ex premier Felipe González - una voce ancora molto influente all’interno del Psoe aveva detto di essersi sentito «ingannato» da Sánchez, che in un incontro l’estate scorsa gli avrebbe garantito l’intenzione di astenersi nella votazione per l’investitura di Mariano Rajoy alla presidenza del governo. Un colpo voluto alla credibilità del segretario che, da mesi, continua a ripetere il suo «no è no» al leader del Partito Popolare.
La questione dell’atteggiamento da tenere per sbloccare la situazione di stallo politico è da tempo elemento di divisione tra i socialisti. E Sánchez ha contribuito a incancrenire il contrasto semplificandola come uno scontro tra “fazioni”: da una parte lui, il segretario che punta a esplorare tutte le strade per formare un governo di “progresso” con Podemos, forse aperto anche al contributo di nazionalisti catalani e baschi; dall’altra una parte del Psoe troppo tenera con la destra al punto da voler facilitare la nascita di un esecutivo a guida Rajoy, vincitore delle elezioni del giugno scorso ma senza i voti sufficienti per ottenere la conferma alla Moncloa. I critici, guidati dalla governatrice andalusa Susana Díaz, non ci stanno ad accettare questa assegnazione di ruoli. E quando, dopo l’ennesimo tonfo socialista alle regionali in Galizia e Paese Basco, Sánchez ha reagito con la proposta di organizzare in tempi record nuove primarie e un congresso del partito, è scattata la rivolta.
Ora, con il Psoe a pezzi, il congresso straordinario si dovrà organizzare comunque. Ma nel frattempo non è neppure chiaro chi comanda nel partito. I rivali del segretario sostengono che Sánchez è stato di fatto esautorato dalle dimissioni della maggioranza dell’esecutivo. Quel che resta dell’organismo di governo interno si è però riunito ieri mattina (difficile capire se in modo legale o no) per convocare per domani mattina il comitato federale - il parlamentino socialista - che dovrebbe stabilire per il 23 ottobre la data delle primarie che dovrebbero eleggere il nuovo segretario. Nel frattempo Veronica Pérez, fedelissima di Susana Díaz e attuale presidente del comitato federale, sostiene di essere “l’unica autorità” nel partito. Ma ieri mattina non le hanno neppure permesso di entrare nella sede di Calle Ferraz. L’intenzione di Pérez era quella di esigere una riunione della commissione “etica e garanzie” che sarebbe chiamata a nominare un comitato di gestione provvisorio, possibilmente super partes, capace di traghettare il partito nel modo meno cruento possibile verso la scelta del nuovo segretario generale. Tutto inutile, perché la presidente della commissione (vicina a Sánchez) si è rifiutata di prendere in considerazione la proposta.
Per ora, le due fazioni si affrontano a colpi di articoli e commi dello statuto e dei regolamenti interni del partito. In questo clima di tensione, Pedro Sánchez è pronto a ripresentare la propria candidatura alla segreteria. La sua rivale naturale, Susana Díaz, ieri ha cercato di abbassare i toni invitando a «ricucire, unire, ristabilire la fraternità ». Presto dirà anche se sarà lei la sfidante del leader contestato.