venerdì 30 settembre 2016

Corriere 30.9.16
Spagna, socialisti nel caos Cala la stella di Sánchez Si fa avanti Susana Díaz
La «baronessa andalusa» pronta al salto verso Madrid
di Sara Gandolfi

La guerra è finalmente aperta, il duello finale fissato per domani alle 9 del mattino. Da una parte Pedro il bello, dall’altra Susana l’ambigua. La crisi politica che da oltre nove mesi stringe in una morsa di paura e veleni la Spagna — ancora in cerca di una maggioranza di governo dopo due elezioni — ha prodotto la sua prima vittima illustre: non il Partito popolare del premier uscente Mariano Rajoy, già due volte bocciato al voto di fiducia, ma il vertice del Partito socialista, suo tradizionale avversario.
Il caos si è impadronito del Psoe, in preda a una faida interna che rischia di farlo implodere come mai era successo nei suoi 127 anni di storia. Diciassette dei 33 membri della Commissione esecutiva si sono dimessi in aperta contestazione al segretario Pedro Sánchez, considerato responsabile dei pessimi risultati elettorali — sei disfatte consecutive dalla sua nomina nel 2014 — e criticato per l’ostinazione con cui si oppone a un esecutivo di minoranza di Rajoy, vincitore delle elezioni di giugno ma senza i numeri per governare. L’abbandono di massa non ha però convinto il 44enne Sánchez a farsi da parte. Anzi, ha accelerato i tempi della resa dei conti con chi, dietro le quinte, da tempo critica la sua leadership: la presidente della Giunta d’Andalusia Susana Díaz.
I fedelissimi hanno spiegato che l’intenzione di Sánchez è di dare la parola alla base del partito: nuove primarie per decidere chi sarà il futuro segretario, il 23 ottobre (ossia prima della scadenza, il 31, del termine ultimo per formare un governo), e quindi un Congresso straordinario a metà novembre che ratifichi la scelta dei militanti. Assediato dai notabili del partito, accusato dalla stampa di essere un «insensato senza scrupoli» ( El País ), Sánchez ha così deciso di andare allo scontro finale con la Díaz. Dietro la rivolta dei notabili di partito — come gli ex premier Felipe González, che ha accusato il giovane segretario di averlo «ingannato», e José Luis Rodríguez Zapatero — si muoveva infatti lei, la potentissima Susana.
«González vuole astenersi per permettere al Pp di governare. Io sono per votare contro Mariano Rajoy e creare un governo alternativo. Ora mi piacerebbe sapere da che parte sta Susana Díaz», l’ha spronata il segretario. E ieri, lei è finalmente uscita dall’ombra. «Nel Psoe non ci sono bande», ha esordito la «baronessa andalusa», ma subito dopo ha accusato Sánchez di «interessi personali», aggiungendo, feroce: «Se non ti votano è perché non si fidano di te».
Sivigliana purosangue — è nata nello storico «barrio» di Triana —, madre di un bambino di un anno, Susana sembra decisa al grande passo verso Madrid, più volte adombrato e mai realizzato: «Sono pronta a stare dove mi metteranno i miei compañeros : alla testa o in coda», ha detto nei giorni scorsi alla stampa. Ma Pedro l’ex «rottamatore», master in Business a Bruxelles e poi professore universitario di Storia del pensiero economico a Madrid, non le lascerà il posto senza combattere. I risultati alle urne non sono dalla sua parte. Se Díaz ha vinto le elezioni nella sua Andalusia, Sánchez ha perso in meno di un anno 25 deputati (da 110 a 85). Ironia della sorte, ieri Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha denunciato la «frode democratica» ordita contro Sánchez in seno al Psoe e lo ha invitato a formare un governo con lui. Tentativo improbabile. Tra i litiganti, forse, il terzo gode. Rajoy ha tempo fino al 31 ottobre per chiedere la fiducia alla Camera presentandosi con un governo di minoranza, che forse stavolta potrà contare su qualche astensione in più.