Il Sole 30.9.16
La vecchia guardia psoe contro Sanchez
Si spaccano i socialisti spagnoli, spiragli di governo per Rajoy
di Luca Veronese
Il
Partito socialista spagnolo si è spaccato in due. E l’impasse politica
continua, mentre la Banca centrale spagnola avverte che senza un governo
non si possono fare le riforme e che questo avrà effetti negativi
sull’economia nei prossimi anni.
A sinistra Pedro Sanchez è
costretto a difendersi dall’attacco della vecchia guardia socialista. E a
destra, il premier uscente, Mariano Rajoy, vede un nuovo spiraglio per
formare un governo di minoranza entro la scadenza di fine ottobre.
Sfruttando proprio i voti in Parlamento di alcuni deputati socialisti
che potrebbero decidere di accordarsi con i Popolari.
Nel Psoe, il
Partido socialista obrero espanol, lo scontro - esploso dopo l’ennesima
batosta elettorale, quella subita nelle regionali di Galizia e Paesi
Baschi domenica scorsa - sta mettendo in evidenza tutti i rancori
dell’establishment socialista per il nuovo corso iniziato con le
primarie del 2014. Ma è sull’alleanza con il popolare Rajoy che si
deciderà il futuro del segretario e del partito. Sanchez ha chiarito da
mesi che «i socialisti non appoggeranno mai un governo delle destre, né
si asterranno per far nascere un governo di minoranza». Nonostante i
«no» già incassati, il leader socialista continua invece a proporre «un
governo di rinnovamento nazionale» che dovrebbe coinvolgere anche
Podemos e Ciudadanos.
L’ex premier socialista Felipe Gonzalez si è
detto «ingannato e defraudato» da Sanchez accusato di essersi
«rimangiato la parola dopo avere promesso l’astensione in seconda
lettura» e quindi il via libera a un governo di unità nazionale.
Mercoledì con un’iniziativa inedita e imprevista, 17 dei 33 membri
dell’esecutivo nazionale socialista hanno rassegnato le dimissioni,
cercando di costringere Sanchez a lasciare. «L’unica autorità che esiste
nel Psoe è la presidente del Comitato federale che, piaccia o no, sono
io», ha dichiarato ieri Veronica Perez, socialista sivigliana,
considerata molto vicina a Susana Diaz, la presidente dell’Andalusia e
fra i maggiori critici di Sanchez e nome di punta per la successione a
sinistra.
La Spagna è senza governo da nove mesi: dalle due ultime
elezioni, dello scorso dicembre e di fine giugno, sono usciti un
Parlamento frammentato e partiti incapaci di trovare un’intesa per dare
una guida al Paese. Alle due formazioni che hanno sempre governato in
Spagna, i Popolari e i Socialisti, si sono affiancati due nuovi
movimenti: Podemos che a sinistra, con Pablo Iglesias ha saputo
raccogliere le rivendicazioni delle piazze degli indignati; e Ciudadanos
che partendo dalla Catalogna e dalla moralizzazione della politica ha
dato voce ai moderati stanchi degli schieramenti tradizionali. Destra e
sinistra, vecchio e nuovo, unionisti e separatisti nei confronti della
Catalogna (che ieri ha confermato il percorso verso la secessione con un
referendum da tenersi nel settembre del 2017): sono queste le
direttrici che dividono i partiti spagnoli.
Rajoy oggi può contare
sul supporto dei deputati di Ciudadanos per arrivare a 170 seggi che
tuttavia non bastano a garantirgli la maggioranza di 176 seggi della
Camera. I Socialisti a giugno hanno ottenuto 85 deputati, Podemos ne ha
45 in tutto. La politica spagnola sembra ancora bloccata e persa nelle
battaglie dentro e fuori i partiti (anche dentro i Popolari ci sono
malumori e Iglesias ha dovuto contenere i dissensi dentro Podemos).
«Le
vicende degli ultimi giorni fanno aumentare la probabilità che si
arrivi alla formazione di un governo di maggioranza guidato dal Partito
popolare prima della fine di ottobre. Pensiamo - dicono gli analisti di
Barclays, Apolline Menut e Antonio Garcia Pascual - che la probabilità
che questo scenario si realizzi siano di poco superiori al 50 per cento.
In ogni caso, il ricorso per la terza volta alle elezioni resta una
chiara possibilità che non può essere scartata. Continuiamo invece a
considerare poco probabile che si possa arrivare alla formazione di un
governo composto da Partito socialista e Podemos».
Ieri la Banca
centrale spagnola pur alzando le previsioni di crescita per il 2016 al
3,2% dal 2,8%, ha avvertito che il prolungato periodo di impasse sta
ritardando le riforme e avrà un impatto negativo sull’economia spagnola
nei prossimi anni.