il manifesto 30.9.16
Psoe in crisi d’identità. E Sánchez punta i piedi
Dalla Francia alla Germania, passando per Madrid, la socialdemocrazia europea è in coma
di Aldo Garzia
Buona
parte del socialismo europeo è in coma. Resiste al governo a Stoccolma e
Lisbona, è in ripresa a Londra con Jeremy Corbyn alla guida del Labour
party ma è sotto la tenda a ossigeno nella Germania della Merkel dove è
ingabbiato nel governo di unità nazionale, in Francia dove le
aspettative della presidenza Hollande sono andate deluse, in Spagna dove
il Psoe si dibatte tra le convulsioni di un dibattito interno senza
precedenti.
Le cause dell’afasia sono profonde. La prolungata
crisi economica ha prosciugato le bandiere socialdemocratiche di piena
occupazione e redistribuzione dei redditi, il crollo del “socialismo
reale” non è valso come antidoto, i riferimenti ai lavoratori salariati
sono andati in frantumi, il progetto di unità europea fa passi indietro,
non c’è infine un ripensamento sui valori possibili di un moderno
socialismo nell’era della comunicazione digitale. Verrebbe da chiedersi:
di che si occupa la Fondazione dei progressisti europei (Feps),
presieduta dal 2010 da Massimo D’Alema?
Esaminiamo il caso
spagnolo. Le recenti elezioni in Galizia e Paesi baschi hanno premiato
il Partito popolare (Pp) e Podemos. Quest’ultimo ha compiuto il tanto
sospirato sorpasso sul Psoe che non era riuscito nelle elezioni
politiche dello scorso giugno. L’effetto di queste prove elettorali e la
possibilità che la Spagna vada alle terze elezioni generali in un anno
hanno acceso la miccia del dibattito interno ai socialisti. Pedro
Sánchez, segretario del partito dal 2014, punta i piedi e non vuole
cedere a mediazioni da unità nazionale con i popolari del premier
uscente Mariano Rajoy. Per questo propone un governo con Podemos, liste
locali e l’astensione benevola di Ciudadanos. A tale proposito, prepara
per il 23 ottobre una assemblea congressuale in modo da arrivare con una
proposta univoca alla vigilia del 31 ottobre, data dopo la quale re
Filippo VI scioglierebbe le Camere. Se Sánchez fosse confermato
segretario, non avrebbe più intralci interni.
È però in salita la
prova di forza del segretario del Psoe. Cresce infatti in alcune realtà
territoriali l’opposizione a un congresso straordinario e a una politica
ritenuta troppo intransigente, a iniziare dal potente e radicato
partito socialista dell’Andalusia guidato da Susana Díaz che si è
candidata alla segreteria del Psoe su una linea che ritiene velleitario
l’accordo con Podemos. La grande stampa – El País e El Mundo in testa –
pubblica intanto editoriali di fuoco contro Sánchez chiedendone le
dimissioni, accompagnati da inchieste al vetriolo su ciò che accade nel
Psoe. Uguale pressione la esercitano confindustria e interessi economici
che vogliono piegare la resistenza socialista. A complicare la
strategia di Sánchez ci pensa pure Albert Rivera, leader dei centristi
di Ciudadanos, disponibile «a un accordo con Pp e Psoe». Per Ciudadanos,
esiste solo l’idea di un esecutivo di unità nazionale o di un
monocolore Pp sostenuto dalla propria astensione e da quella dei
socialisti.
Nel puzzle è arrivata anche la dichiarazione polemica
dell’ex premier socialista Felipe González: «Sánchez mi aveva annunciato
l’astensione su Rajoy. Non ha mantenuto la parola». Gli avversari di
Sánchez ne otterranno lo scalpo? L’impasse del Psoe non è solo sul nodo
politico di come evitare nuove elezioni alla Spagna: è un partito troppo
di governo dove governa (con casi di corruzione sempre più numerosi),
incapace di fare opposizione a livello centrale e periferico quando e
dove non governa. Si tratta di una crisi profonda di identità,
paradigmatica di quella dell’insieme delle forze del socialismo europeo.
E
l’atteggiamento di Podemos nei confronti del Psoe? Guarda ovviamente
con interesse a ciò che accade ma evita di sostenere Sánchez più di
tanto, sia per non esporlo troppo sia perché ritiene assai difficile
evitare nuove elezioni anticipate: il partito di Pablo Iglesias continua
tuttavia a proporre pure in questi giorni una convergenza con
socialisti e liste autonomiste di sinistra. In Podemos c’è anche la
segreta speranza che in caso di ritorno alle urne questa volta possa
realizzarsi il possibile sorpasso sul Psoe a livello nazionale. Il che
sarebbe un evento storico: Podemos, dopo aver rotto il bipolarismo
iberico, diverrebbe il primo partito della sinistra in Spagna. Un premio
di consolazione di fronte alla possibile rivincita di Rajoy, che i
sondaggi danno per probabile, e alla disgregazione del Psoe.