Repubblica 29.9.16
Renzi e il ponte verso chi vota a destra
di Stefano Folli
SU
UN punto Renzi ha ragione: il ponte sullo Stretto di Messina è «un
simbolo». Lo è rispetto al “no” dei Cinque Stelle sulle Olimpiadi
romane. Un “sì” contro un “no”: con la differenza che la decisione di
Virginia Raggi produce ricadute immediate e concrete.
MENTRE la
promessa di realizzare un ponte di cui si parla da decenni è solo una
mossa a effetto. Un gesto simbolico, appunto. E anche un messaggio al
mondo imprenditoriale che sperava nelle Olimpiadi ed è rimasto deluso.
In ogni caso un tentativo di riproporre il “renzismo” come logica “del
fare”, contrapposta alle ritrosie di “quelli che sanno dire solo no”.
Ecco
l’intreccio che si vuole suggerire fra la filosofia delle grandi opere e
il referendum di dicembre. Anche qui la partita è fra un “sì” e un
“no”, ma la simbologia va molto al di là di quella evocata dal ponte.
Quando il presidente del Consiglio dice che «un’idea è buona anche se ad
averla è stato Berlusconi », vuole entrare in sintonia con quell’ampia
fetta di opinione pubblica che per anni ha seguito il fondatore di Forza
Italia. In fondo il sogno del ponte è stato il fattore emblematico che
definiva il berlusconismo nei suoi anni d’oro, soprattutto al Sud. Oggi
la questione viene riproposta da Renzi in piena campagna elettorale per
sedurre esattamente quell’elettorato che un tempo gonfiava le vele del
centrodestra.
Il problema è che in tanti anni quel mondo è rimasto
insensibile ai richiami renziani. Nonostante la retorica di chi vede
nel giovane fiorentino una sorta di erede di Berlusconi, il nuovo Pd
concepito a immagine del premier-segretario ha raccolto ben poco nel
campo del centrodestra. E questo nonostante le ricorrenti crisi e il
declino del leader che pure annuncia “un nuovo predellino” nel giorno
del suo ottantesimo compleanno. Dinamico e spregiudicato, Renzi è visto
nei sondaggi fra il 31-32 forse 33 per cento: comunque non oltre il
tetto raggiunto a suo tempo da Walter Veltroni. Il mitico 40,8 di cui il
premier è fiero è stato toccato, come è noto, in occasione delle
europee del 2014: l’unica occasione in cui è riuscita l’operazione di
mescolare le carte. Allora e solo allora il partito renziano drenò voti
sia fra i Cinque Stelle sia nel campo della destra.
Ma il fenomeno
non si è ripetuto. I “grillini” si sono anzi rinvigoriti e oggi
costituiscono una realtà stabile del triangolo politico, al di là
dell’infinito pasticcio di Roma. Quanto ai consensi di Forza Italia, fin
qui non si sono riconosciuti nel partito renziano, forse per la sua
antica radice di sinistra. Ecco perché il referendum costituzionale è
agli occhi del premier un’occasione irripetibile. Non è un voto per il
Parlamento, non ci sono sigle da barrare con una croce. È un voto per la
nuova Costituzione che però si è caricato nel tempo di un preciso
significato politico. Vuol dire che molti elettori di centrodestra
possono varcare il Rubicone: scegliere il Sì non equivale a votare il
Pd, ma contribuire a una riforma importante.
Peraltro è chiaro che
Renzi si prepara a raccogliere i frutti politici di un’eventuale
vittoria. L’affer-mazione del Sì sarebbe il suo successo personale,
nessuno potrebbe contestarlo. E le suggestioni del ponte sullo Stretto
servono ad accreditare un altro ponte: quello idealmente lanciato verso
l’elettorato berlusconiano. Non sembra, del resto, che l’anziano leader
voglia erigere barricate al riguardo, se è vera la frase attribuitagli
dal Corriere: “la vittoria del No andrebbe a vantaggio dei Cinque
Stelle” (e, sottinteso, anche di Salvini). Di certo finora il contributo
di Forza Italia alla campagna del No è molto scarso. Si esaurisce
nell’impegno di Brunetta o poco più.
Ora è stato affidato un
compito organizzativo all’ex presidente del Senato, Schifani, di nuovo
vicino ad Arcore dopo il giro di valzer con i centristi. Ma sembra di
capire che la preferenza di Berlusconi va a una vittoria risicata del
Sì, tale da obbligare Renzi a scendere a patti in Parlamento. Su questo
probabilmente si sbaglia. Un Renzi vincitore anche per pochi voti
avrebbe buone probabilità di portare a termine il disegno finora
incompiuto: assorbire pian piano l’elettorato un tempo fedele all’uomo
che oggi festeggia il suo ottantesimo.