giovedì 29 settembre 2016

Repubblica 29.9.16
I dubbi dei tecnici del Parlamento sul biennio 2018-19
Anche il prossimo anno è a rischio
Dalla crescita al debito ecco tutte le fragilità nel piano di Roma
di Ferdinando Giugliano

ROMA. Un castello di carte composto da 121 pagine. La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza pubblicata ieri a tarda sera dal governo presenta numerose fragilità, che mettono in dubbio la verosimiglianza degli obbiettivi di crescita e finanza pubblica per i prossimi anni anticipati martedì.
L’instabilità della costruzione è confermata dalla lettera inviata da Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che ha il compito di validare le stime economiche del governo, e pubblicata anch’essa ieri. L’Upb mette il suo sigillo sulle previsioni tendenziali per gli anni 2016-2017, ma esprime forti dubbi per i due anni successivi. Questo giudizio, inoltre, non si applica al quadro programmatico, ovvero quello che tiene conto degli interventi stilati dal governo, su cui l’organismo guidato da Pisauro non si è ancora potuto esprimere.
Le stime programmatiche sono, infatti, quelle che suscitano maggiori perplessità. Il governo ritiene che la crescita nel 2017 possa essere dell’1%, rispetto a uno 0,6% a politiche invariate, anche tenendo conto della sterilizzazione del previsto aumento dell’Iva. Il numero è di qualche decimale più alto rispetto a quello di organismi di ricerca indipendenti come Prometeia, e addirittura doppio rispetto alla stima di crescita di Confindustria. A convincere poco è l’assunzione che le misure introdotte dal governo possano spingere la crescita italiana di 0,4 punti percentuali. Secondo la Nota di Aggiornamento del Def, la crescita degli investimenti addirittura raddoppierebbe grazie alle scelte dell’esecutivo, passando dall’1,5% al 3,2%. Il boom sarebbe legato soprattutto alle costruzioni, che aumenterebbero del 2,9% rispetto all’1%. Si tratta di un dato molto alto, soprattutto se confrontato con il tasso di crescita del 2015 e del 2016, pari al -0,4% e allo 0,6%. Anche gli investimenti in macchinari dovrebbero passare dall’1,9% di quest’anno al 3,2%, un dato quasi doppio rispetto a quello a politiche invariate.
La fragilità di questa cifra è legata anche ai rischi che pervadono l’anno in cui stiamo per entrare. Alcuni di questi sono segnalati dallo stesso ministero dell’Economia, che nel suo studio dei rischi legati alle variabili internazionali predice un possibile impatto sul Pil pari a 0,4 punti percentuali – sufficienti, insomma, a dimezzare la nostra crescita nel 2017. A questi vanno aggiunti altri pericoli non previsti dal Mef: uno, segnalato giustamente da Pisauro, riguarda l’incertezza sulla domanda estera, che potrebbe frenare le nostre esportazioni più di quanto temuto dal Mef. La seconda riguarda la crisi bancaria italiana e il corso dei mercati azionari: in caso di difficoltà legate agli aumenti di capitale di Monte dei Paschi e Unicredit è facile ritenere che le turbolenze borsistiche potrebbero avere effetti su consumi e investimenti.
Tutti questi fattori fanno pensare che il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo possa salire oltre il 2% previsto nella nota di aggiornamento al Def o al 2,4% che il presidente del Consiglio Matteo Renzi dice di voler raggiungere. L’altra criticità del documento, che ha portato l’UPB a formalizzare le sue perplessità, riguarda l’andamento del Pil nominale nel 2018 e 2019. Questa è stimata, rispettivamente all’1,7% e al 2%, ben al di sopra delle altre previsioni indipendenti che Pisauro e colleghi usano per validare le stime del Mef. Queste rilevazioni sono particolarmente importanti perché mettono in dubbio il percorso di riduzione del debito pubblico che il Mef prevede a partire dal 2017. Nella nota di aggiornamento al Def, il governo ammette che il nostro debito non scenderà quest’anno, violando così la relativa regola europea. Il rischio è che quest’infrazione non sia una tantum, ma possa ripetersi anche i prossimi anni.