martedì 27 settembre 2016

Repubblica 27.9.16
Aleksandar Vucic.
“Qui nei Balcani è tornato l’odio solo l’Europa può salvare la pace”
“Pur se autoritario Tito ci lasciò un Paese industrializzato Invece noi ex jugoslavi abbiamo rovinato tutto”
Il premier di Belgrado: “Alta tensione, con Bosnia e Croazia dobbiamo dialogare. I migranti? Facciamo più di alcuni Paesi Ue”
intervista di Andrea Tarquini

Tutti sono a favore dell’ingresso nell’Ue, ma poi aspettano ogni occasione per tendere trappole ai vicini
Aleksandar Vucic, 46 anni, è il primo ministro della Serbia e presidente del Partito progressista (SNS). Sostiene l’entrata della Serbia nell’Ue e ha iniziato un processo di normalizzazione dei rapporti con gli altri Stati balcanici, primo tra tutti il Kosovo

BELGRADO. «Lo ripeto da mesi a Merkel e Renzi che mi ascoltano, e a tutti: le tensioni nei Balcani occidentali sono tornate al livello più pericoloso dalla fine della guerra degli anni Novanta». Aleksandar Vucic, il giovane premier liberal ed europeista di Belgrado, lancia moniti chiari, all’indomani del referendum dei serbi di Bosnia.
Da cosa sono provocate queste tensioni?
«Ciascuno si dice a favore dell’integrazione nella Ue, ma poi aspetta ogni occasione per tendere trappole ai vicini. Guardiamo alla Bosnia del referendum: i serbi di Bosnia si dicono pro-Ue ma parlano dei “Bosniak” (musulmani di Bosnia, ndr) nel peggiore di modi, e poi anche questi ultimi affermano “noi siamo grandi, i serbi di Bosnia stupidi”. Smettiamola tutti con le ostilità reciproche, in nome del futuro. Ormai tra noi c’è più odio che non 21 anni fa. Si percepisce ovunque».
Quanto è grande il pericolo per l’Europa?
«Molto grande. L’ho detto in queste ore a Dodik (il leader dei serbi di Bosnia ndr), a Sarajevo, a tutti. Il tempo stringe: dobbiamo offrire in corsa ai nostri popoli un futuro più luminoso, altrimenti andremo verso scontri e rappresaglie reciproche. Per fermare la spirale d’odio e salvare la pace occorre un’economia più forte, e dialogo in spirito europeo. La Memoria del 1914 ci ricorda dove possano portare le tensioni nei Balcani. Urge tornare alla calma. Quando io varai il consolidamento fiscale a Belgrado nessuno si fidava, oggi abbiamo conti sovrani stabili, avanzo primario per la prima volta, crescita quasi al 3 per cento. Solo la pace, per cui temo, salverà il futuro dei nostri giovani anche attraendo investimenti. Tito, pur autoritario, ci lasciò un paese industrializzato, produttore di aerei e auto, noi tutti ex jugoslavi abbiamo rovinato tutto».
Putin appoggia i serbi di Bosnia: i Grandi giocano col fuoco nei Balcani?
«La Serbia cerca di essere sovrana e indipendente. Né colonia americana né russa. Non è facile, molte grandi potenze hanno i loro interessi nei Balcani. Anche noi abbiamo diritto ad agire senza subire influenze di Washington, Mosca e di altri».
Che dice della Croazia che ostacola i vostri negoziati d’adesione alla Ue e rivaluta collaborazionisti e criminali di guerra del passato?
«Da europei è meglio ispirarsi alla coerenza lungimirante europeista di Angela Merkel. Quando, dopo la costruzione della barriera ungherese e i controlli croati, noi Paese povero ci trovammo a gestire folle di migranti, alcune nazioni vollero sanzioni contro Belgrado. Merkel si oppose. Non lo dimenticheremo mai, gratitudine e memoria sono essenziali per noi serbi. Senza la cancelliera nei Balcani tutto sarebbe molto più pericoloso. Troppi, in Germania e altrove, non lo capiscono. Vogliamo le migliori relazioni possibili con la Croazia, competizione pacifica tra europei, non odii del passato».
Ai suoi moniti sulle sfide alla pace (migranti, tensioni…) ha ricevuto una risposta deludente da Juncker. Che ne dice?
« Sui migranti, l’altro giorno a Vienna, Merkel ha cercato soluzioni comuni, ma invano. Alcuni paesi Ue e Nato percettori di fondi di coesione vitali per la crescita rifiutano quote di migranti insignificanti rispetto ai migranti che ospitiamo aiutando la Ue, sebbene, da paese non Ue, riceviamo 20 volte meno aiuti».
Lei in passato fu con Milosevic, poi confessò di aver sbagliato, e di voler voltare pagina, per una Serbia europeista dopo odii e atrocità del passato. Fu doloroso?
«Sì. Sentii di dover dire che avevo sbagliato gravemente. Voler rilanciare la Serbia mi spinse a riconoscere colpe. Essere onesto può far molto male, proprio quando è imperativo etico trovare il coraggio di farlo per andare avanti. Il mio itinerario fu condiviso dalla nazione. Convinta oggi che solo lavorando duro, con riforme profonde, saremo moderni ed europei appieno. Solo il coraggio di scelte dolorose a volte ti avvia sulla strada giusta. Sebbene non tutti nel mondo vogliano una Serbia forte e stabile».
Oggi come giudica Milosevic?
«La parola agli storici. In alcuni casi fu giudicato a torto, in altri fu colpevole. Voleva fare qualcosa e invece fece il peggio per il destino dei serbi. Molti vivono ancora nel passato. Io riconosco appieno le nostre colpe, le atrocità, i crimini, e sono fiero che la Serbia impari a fare i conti con se stessa. Per la pace dei Balcani e nel mondo, spero che lo facciano anche gli altri».