Corriere 27.9.16
Una miccia accesa nella polveriera bosniaca
di Andrea Pasqualetto
La
Bosnia Erzegovina non è uno Stato unitario. È un insieme artificiale di
nazioni, di culture, di religioni. Un protettorato sotto tutela
occidentale che non è riuscito a fondere le sue etnie: la bosniaca
musulmana, la serba ortodossa e la croata cattolica. Gli accordi di
Dayton del 14 dicembre 1995, che hanno sancito la fine della feroce
guerra civile scoppiata tre anni prima, hanno fermato le armi, ma
cristallizzato i risentimenti delle tre nazioni, relegando a una chimera
l’equilibrio laico della vecchia Jugoslavia che fu laboratorio di
multiculturalismo.
Questa situazione di apparente quiete sociale,
ma di grandi abissi fra gli abitanti e di fiato politico sospeso, ha
favorito il consolidamento della componente musulmana fondamentalista.
La Bosnia Erzegovina è così diventata La porta d’ingresso dell’Islam ,
titolo del libro di Jean Toschi Marazzani Visconti (Zambon), già
collaboratrice del «Manifesto» e della rivista di geopolitica «Limes».
Un saggio molto documentato che ripercorre gli anni del conflitto,
rileggendo con occhi diversi e scomodi il ruolo dei serbi, non più «i
nuovi spietati» del XX secolo, ma strumento mediatico dell’Occidente.
In
un quadro nel quale esplodono le anime religiose, l’autrice vede
incombere la minaccia del terrorismo di matrice islamica. «In
considerazione di quanto sta avvenendo in Medio Oriente, in Libia, in
Siria, in Iraq e in particolare all’avanzata del Califfato... c’è da
chiedersi perché gli Stati Uniti e la Ue, soprattutto, non si attivino
per evitare futuri disastri causati da questi cittadini bosniaci che
vivono a poche centinaia di chilometri dal cuore dell’Europa». Aiuti
finanziari provengono dall’Arabia Saudita e dall’Iran. «In tutta la
Bosnia si costruiscono moschee e molto denaro è dedicato alle madrase,
scuole coraniche, e agli allievi che le frequentano». Giovani spesso
poveri e disoccupati.
Toschi è tornata sulle strade della guerra
dove «colpisce il clima d’ordine... ma la normalità è solo apparente...
gli abitanti non vivono insieme, ognuno nel suo quartiere con il proprio
gruppo etnico». Viaggio che l’ha portata a intervistare importanti
leader politici, militari, religiosi. Sono 300 pagine da studiare,
sottolineare e da tenere a portata di mano, se si vuol capire com’era,
com’è e forse come sarà la Bosnia Erzegovina.