Repubblica 27.9.16
E nella prossima legge di Bilancio il governo si prepara ad alzare il deficit
Incassato l’accordo politico con Bruxelles, non si esclude un disavanzo fino al 2,5%
di Alberto D’Argenio
ROMA.
A Palazzo Chigi e al Tesoro ne sono certi, l’accordo è chiuso: la
Commissione europea nel 2017 concederà ulteriore flessibilità
all’Italia. Fino al 2,3% nel rapporto tra deficit e Pil. Altri otto
miliardi di ossigeno sottratti al risanamento dei conti rispetto
all’1,8%, il target concordato con Bruxelles appena lo scorso maggio
(inizialmente era all’1,4). Un risultato insperato per gli addetti ai
lavori. Ma non basta, Matteo Renzi vuole di più, vuole arrivare fino al
2,5-2,6%. Altri 3-5 miliardi per finanziare la manovra di ottobre (i
quindici per non alzare l’Iva sono già garantiti dall’aumento
dell’indebitamento, sette ne mancano per coprire le altre voci).
Una
ulteriore concessione difficile da strappare, ma sulla quale il premier
insisterà fino al 15 ottobre, quando il governo dovrà notificare la
legge di Bilancio alla Ue. Se ce la farà le cifre inserite oggi
nell’aggiornamento del Def varieranno ancora con il deficit, appunto, in
rialzo e la crescita, per ora stimata intorno all’1%, al ribasso verso
un numero più realistico. La cifra tonda voluta da Renzi, infatti,
all’interno del governo con ironia viene definita “politicamente
ottimistica”, nella parte alta della forchetta costruita dai tecnici del
Tesoro proprio per giustificare un deficit al 2,3 e non superiore.
L’accordo
con Bruxelles è decisamente politico, visto che l’Italia non può più
ottenere la flessibilità codificata per riforme e investimenti dopo che i
ministri delle Finanze dell’Unione (Ecofin) hanno deciso che per Roma
la clausola (già concessa nel 2016) era da considerarsi esaurita. Dunque
il nuovo bonus sarà giustificato da circostanze eccezionali come
crescita e inflazione sotto le aspettative, migranti e sisma. E l’intesa
sarà ancora più politica se nelle prossime tre settimane Roma riuscirà a
strappare altri due decimali al consolidamento dei conti.
Per la
formalizzazione dell’accordo con la Commissione europea bisognerà
comunque aspettare novembre, quando Bruxelles avrà finito le sue analisi
sulla prossima manovra. Allora la Ue pubblicherà il rapporto per la
violazione delle regole comunitarie da parte di Roma previsto
dall’articolo 126.3 del Trattato, come del resto avvenuto lo scorso
anno, ma poi dovrebbe decidere di archiviarlo proprio in nome delle
circostanze eccezionali e dunque non mettere l’Italia sotto procedura
per deficit e debito (in caso contrario sarebbe un duro colpo politico
per il governo Renzi che a pochi giorni dal referendum si troverebbe in
pratica sconfessato e commissariato in politica economica).
D’altra
parte la scia di polemiche a valle del vertice di Bratislava di dieci
giorni fa non ha guastato il clima tra Roma e Bruxelles, che anzi resta
buono. Il patto politico sulla flessibilità e sugli altri dossier tra
Renzi e Juncker viene confermato quotidianamente nelle telefonate
riservate tra i responsabili Ue e il governo italiano. E lo stesso
presidente della Commissione solo sfiorato dagli attacchi del premier,
diretti principalmente a Merkel e Hollande - resta convinto che quella
italiana sia solo una strategia mediatica in vista della consultazione
sulla riforma costituzionale del 4 dicembre. Proprio per questo a
Bruxelles sono convinti che le bordate del premier proseguiranno almeno
per un paio di mesi. Ma anche se giudicate politicamente comprensibili
in quanto legate ad un voto che tutte le Cancellerie europee sperano
favorevole al governo, attraverso canali riservati i responsabili
europei hanno fatto sapere a Palazzo Chigi che non è il caso di
esagerare: una frattura più mediatica che di sostanza tra Roma, Parigi e
Berlino - è l’analisi - potrebbe trasformarsi in reale se i toni
dovessero salire troppo. Per Bruxelles la rottura sarebbe un guaio di
fronte a un’Europa quanto mai claudicante.