Repubblica 25.9.16
Sudafrica
Con gli ultimi dannati delle miniere d’oro “Così rischiamo la vita 700 metri sottoterra”
A Johannesburg migliaia di lavoratori illegali scendono nel labirinto di gallerie in disuso per pochi euro al giorno
di Pietro Del Re
JOHANNESBURG.
Per infilarsi nel buco che porta in miniera bisogna prima spostare gli
stracci vecchi e le altre immondizie che servono a nasconderlo. È un
budello scosceso dove si entra uno per volta, al centro del quale è
appesa una fune sfilacciata. Dopo una decina di metri quasi a
strapiombo, la pendenza diminuisce e l’ingresso s’allarga. «Era lo
sbocco di un canale d’areazione, lo spazio qui attorno l’abbiamo
ampliato noi a picconate», dice Thomas Kuzora, 30 anni e da 5 minatore
clandestino nelle miniere d’oro di Johannesburg. Intanto, con il fascio
di luce della nostra lampada frontale intercettiamo di continuo grossi
ratti che trotterellano indaffarati tra i miasmi di latrina che
appestano l’aria. Sotto un paio d’assi che sorreggono la volta del
cunicolo c’è un vecchio materasso. «Quello è il nostro bordello, ma
quaggiù le ragazze scendono soltanto una volta al mese».
La
miniera in cui Kuzora ci fa da guida è la più vecchia e la più famosa
della città: Langlaagte, dove nel 1886 fu scoperta la vena d’oro più
fruttuosa della storia perché dalle centinaia di chilometri di gallerie
da allora scavate sono state estratte due miliardi di once del più
prezioso dei metalli, pari a più di 60mila tonnellate, ossia la metà dei
lingotti conservati nei forzieri del pianeta. Ma nel 2001, per via del
vertiginoso aumento delle spese di estrazione e dei prodotti chimici
necessari a trattare la roccia, la società che gestiva gli scavi è stata
costretta a chiudere la miniera. «Eppure di oro ce n’è ancora tanto,
anche se ormai siamo costretti a scendere parecchio, intorno ai
sei-settecento metri, e a rimanere sotto anche dieci giorni di seguito»,
spiega Kuzora, che è uno delle migliaia di Zama-zama, ossia di quei
cercatori d’oro illegali, che ogni giorno s’inabissano nelle viscere
della megalopoli sudafricana.
Per accedere a questo gigantesco
labirinto di condotti e gallerie si contano più di 600 ingressi
incustoditi, simili a quello che abbiamo appena varcato. Alcuni furono
murati dopo la chiusura della miniera, ma gli Zama-zama li hanno
riaperti con la dinamite. A svolgere questo mestiere che è senz’altro
uno dei più pericolosi al mondo sono i sudafricani più poveri, ma anche
immigrati che arrivano dai Paesi vicini: Lesotho, Swaziland, Mozambico e
Zimbabwe. È da quest’ultimo, dove sono disoccupate 8 persone su 10, che
proviene Kuzora. «Nella miniera ci sono incidenti di continuo, sia per
le esplosioni di metano provocate dall’accensione di una sigaretta
perché noi Zama-zama fumiamo tutti, sia per i crolli delle strutture che
nessuno intrattiene, sia per gli improvvisi allagamenti. Ma le briciole
d’oro che troviamo nelle gallerie bastano a nutrirci e a pagare
l’affitto di casa. E molti di noi non hanno alternative».
Secondo
le stime ufficiali, nel 2015 sono morti 65 Zama-zama, ma polizia e
governo sanno bene che la cifra reale è verosimilmente molto più alta
perché quando si produce un incidente è raro che i minatori clandestini
avvertano le autorità. «Per due motivi: il primo è che le squadre di
soccorso non rischiano la vita per salvare degli Zama-zama che sono
magari sepolti mille metri sottoterra; l’altro è che una volta che hai
dato l’allarme rischi di essere arrestato e di farti dieci anni di
galera», dice ancora la nostra guida, che spiega anche come la miniera
sia diventata un loro santuario inviolato, dove nessuno scende a
cercarli. Soprattutto non scendono le forze dell’ordine, che sottoterra
non sono assicurate e che nei meandri del sottosuolo non saprebbero dove
trovarli.
Quello che è accaduto la settimana scorsa ha perciò
dello straordinario, quando dopo tre settimane che un gruppo di Zama-
zama non faceva ritorno in superficie, temendo il peggio, alcuni loro
compagni hanno finalmente richiesto i soccorsi al Mine rescue services,
offrendosi loro stessi come guide alle squadre di ricerca. Portandosi
appresso un po’ di cibo, qualche bottiglia di mageu (bevanda energetica a
base di farina di mais fermentata) e tante pile di scorta per le
frontali, una ventina di clandestini ha dunque aperto la strada nella
miniera dismessa. «È andata a finire che la polizia ha arrestato sia gli
Zama-zama soccorritori sia quelli che erano stati appena salvati», dice
Kuzora, scuotendo la testa.
Ma quello che più lo spaventa sono le
lotte tra gruppi di cercatori d’oro che scavano la stessa porzione di
miniera e che sono organizzati come gang malavitose, spesso capeggiate
da boss che assegnano i turni di lavoro, decidono in quali cunicoli
lavorare e a fine giornata ridistribuiscono i guadagni. Sono lotte
terribilmente cruente: due anni fa, per esempio, duecento Zama- zama
rimasero sepolti dall’esplosione provocata da una banda rivale che aveva
bloccato tutte le vie d’uscita. È spesso la nazionalità il fattore
aggregante di queste ciurme, le quali formano piccole cooperative
illegali che assumono geologi, assoldano prostitute, minacciano i
sindacalisti dei minatori legali e condannano a morte chi tradisce la
gang. « Gli scontri avvengono di notte, quando ci si contende un
territorio con i fucili e le bombe a mano. Capita anche che le bande
piazzino delle trappole esplosive, o che rapiscano cercatori d’oro
rivali e che li costringano a lavorare per conto loro», spiega ancora
Kuzora. L’anno scorso, per arginare queste violenze che si ripercuotono
nei quartieri vicini alle miniere, la polizia sudafricana ha creato una
speciale task- force ma che finora non ha concluso granché, proprio
perché i poliziotti possono operare solo in superficie.
Secondo
Greg Mills, ricercatore della Brenthurst foundation di Johannesburg, gli
Zama- zama sono il principale riflesso del declino dell’industria
mineraria del Paese, che se negli anni Ottanta ancora estraeva il 40%
dei minerali del pianeta, oggi ne estrae appena il 5%. «Quanto alla
produzione d’oro, questa è scesa nello stesso periodo dell’87%, e il
Sudafrica che era il primo produttore al mondo ne è diventato il settimo
dietro a Cina, Australia, Russia, Stati Uniti, Canada e Perù», spiega
Mills. In zulu Johannesburg si chiama Egoli, ossia Città dell’Oro, ma
tale è rimasta soltanto per gli Zama-zama, i quali sono anche la punta
dell’iceberg di un’ampia organizzazione criminale che se ne infischia
delle regole, dei danni ambientali ed economici che produce così come
delle spaventose condizioni di lavoro dei minatori clandestini. Ora,
secondo la South african human rights commission, organizzazione che
dovrebbe tutelare la categoria degli Zama-zama, nel Paese ci sono oggi
6000 miniere abbandonate nelle quali lavorano dagli 8 ai 30mila
clandestini.
Lo stesso Kuzora è vittima di questo sistema
criminale, schiavo di un lavoro durissimo che gli rende appena di che
vivere, anche perché una parte cospicua della roccia che riporta in
superficie deve lasciarla al gruppo che controlla il suo settore di
scavo. «Altrimenti m’ammazzano. E comunque dopo 12 ore di lavoro riesco
raramente a guadagnare più di 200 rand (13 euro), mentre l’oro estratto
con il mercurio dalle stesse rocce che ho scavato vale anche 3000 rand
(200 euro). Ma sono ancora giovane e forte. Non mi lamento: a me basta
così», dice accendendosi una sigaretta.