il manifesto 25.9.16
Usa/Arabia saudita
L’ultimo regalo di Obama a Riyadh
Il
presidente americano ha posto il veto al disegno di legge che consente
alle famiglie delle vittime dell'11 Settembre di fare causa all'Arabia
saudita sospettata di aver avuto collegamenti con gli attentatori di al
Qaeda. Anche Hillary Clinton contro il presidente
di Michele Giorgio
I
regnanti sauditi sono degli ingrati. Negli ultimi anni hanno attaccato
più volte Barack Obama, “colpevole” di non aver imboccato la strada
della guerra contro Iran e Siria. Dovrebbero piuttosto baciare mani e
piedi al presidente americano uscente che, contro le promesse di
cambiamento fatte nel suo celebre discorso del 2009 al Cairo, ha
ulteriormente rafforzato due storici alleati degli Usa in Medio Oriente.
Ha venduto ai sauditi armi per 110 miliardi di dollari e garantito a
Israele il piano di aiuti militari più ampio (38 miliardi di dollari in
10 anni) mai concesso dagli Usa a un altro Paese. A Riyadh però ha fatto
anche un altro regalo: la completa immunità. Venerdì notte il
presidente ha messo il veto al disegno di legge approvato dal Congresso a
larga maggioranza, con un voto bipartisan, che consente alle famiglie
delle vittime dell’11 settembre di fare causa all’Arabia Saudita che le
indagini svolte dopo gli attentati collegano agli attentatori di al
Qaeda. I tribunali americani, se fosse approvata la legge, non
terrebbero conto delle tutele a garanzia di un Paese straniero quando un
atto di terrorismo si verifica all’interno dei confini degli Stati
Uniti.
Il passo getta un’altra pesante ombra sulla politica estera
della presidenza Obama e rappresenta uno schiaffo in faccia alle
famiglie delle vittime degli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono.
Riyadh, se il veto di Obama non sarà aggirato, potrà sottrarsi a cause
di risarcimento per miliardi di dollari. Deboli le motivazioni offerte
dall’Amministrazione Usa. «Nel lungo termine (quella legge) esporrebbe i
diplomatici Usa in tutto il mondo a una serie di cause false e
pretestuose col pericolo di processi farsa», ha spiegato il portavoce
Josh Earnest. L’Amministrazione in sostanza sostiene che il precedente
metterebbe a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. In realtà
Obama ha semplicemente graziato un Paese che, pur essendo un
riferimento ideologico per il jihadismo e invischiato nel finanziamento e
armamento di gruppi radicali sunniti che combattono in Siria, Iraq e
nel resto della regione, era e resta un alleato prezioso degli Usa.
Riyadh non ha reagito alle notizie giunte dagli Usa. Nei mesi scorsi
però il ministro degli esteri, Adel Jubeir, aveva minacciato pesanti
rappresaglie economiche contro gli Stati Uniti, a partire dal ritiro di
investimenti e fondi sauditi per centinaia di miliardi di dollari.
Quindici
dei 19 kamikaze dell’11 settembre erano sauditi. E sei funzionari
dell’ambasciata saudita negli Usa, secondo un rapporto di 28 pagine
rimasto segreto per lungo tempo, avrebbero offerto sostegno logistico ad
alcuni degli attentatori. Invece per i vertici della Cia ed
evidentemente della Casa Bianca non ci sarebbero prove per «affermare
che il governo saudita come istituzione o alti responsabili sauditi
individualmente abbiano sostenuto gli attacchi dell’11 settembre».
Un’opinione del ruolo di Riyadh che non è condiviso dalle famiglie delle
vittime mentre Democratici e Repubblicani annunciano di voler andare
contro il veto di Obama. Il senatore Richard Blumenthal si dice convinto
che il Congresso supererà un veto che nega agli americani l’opportunità
di portare in giudizio i responsabili di attentati senza precedenti. E
le possibilità che il veto venga rovesciato sono molto elevate.
La
vicenda peraltro ha causato il primo vero strappo di Hillary Clinton
nei confronti di Obama. I responsabili della sua campagna per le
presidenziali hanno comunicato che se la candidata democratica verrà
elettà firmerà la legge che permette di fare causa all’Arabia Saudita.
Accusata di non brillare di luce propria e di voler dare vita a una
sorta di “terzo mandato” di Obama, Clinton in questo caso ha deciso di
smarcarsi dal presidente, anche per non lasciare il delicatissimo tema
delle famiglie delle vittime dell’11 settembre al rivale repubblicano
Donald Trump lesto ad annunciare che non avrà alcun riguardo per i
sauditi se andrà alla Casa Bianca.
Il veto di Obama e il tentativo
estremo di salvare Riyadh pesano ancora di più se si tiene conto che
l’ultima relazione annuale sul terrorismo, diffusa prima dell’estate dal
Dipartimento di stato, evidenza che gli sforzi degli alleati di
Washington nel Golfo sono stati minimi e che Paesi come l’Arabia
Saudita, il Qatar e il Kuwait non hanno bloccato le linee di
finanziamento alle organizzazioni terroristiche all’interno dei loro
confini. I fondi per al Qaeda, Isis e altre organizzazioni radicali
continuano ad essere raccolti in questi Paesi in molti modi, attraverso
appelli sui social fino ai corrieri che sfruttano persino i
pellegrinaggi alla Mecca per muovere grosse somme di denaro in contanti.