Repubblica 25.9.16
Pari diritti
Agenti gay e omofobia, sfida all’ultimo tabù
Sono quasi ventimila Un convegno contro le discriminazioni “Ruoli operativi anche per i trans”
di Franco Vanni
MILANO.
Chiedono accesso ai ruoli operativi per le persone transessuali. E
investimenti in formazione, per contrastare l’omofobia in caserme e
commissariati. Sono duecento gli iscritti a Polis Aperta, associazione
dei gay in divisa. Il quadruplo, contando chi chiede aiuto senza volere
comparire. Molti sono agenti di polizia locale e finanzieri delle città
del nord. Ma anche alpini e imbarcati in Marina.
«L’obiettivo è
aiutare chi lo desidera a uscire dal silenzio — dice Simonetta Moro, in
polizia locale a Bologna e presidente dell’associazione — . Noi gay in
divisa siamo tanti». Già, ma quanti? Fabio Pellegatta, presidente di
Arcigay Milano, abbozza una stima: «Non c’è ragione di ritenere che i
gay siano meno numerosi in esercito e forze dell’ordine rispetto alla
media generale. Vale a dire, il 5 percento della popolazione». Quindi
fra i 310mila poliziotti, agenti penitenziari, finanzieri, carabinieri e
forestali, i gay sarebbero 15.500. A cui si aggiungono 3.595
omosessuali su 71.900 soldati (carabinieri esclusi). Il contingente
arcobaleno italiano conterebbe quindi 19mila attivi. Il doppio di tutti i
soldati della Repubblica d’Irlanda. I gay in divisa si sono dati
appuntamento a Milano per il 10 ottobre, in un convegno alla Casa dei
Diritti che mira a «spezzare uno dei tabù più duri da sconfiggere».
L’iniziativa ha il patrocinio del Consolato degli Stati Uniti, che con
Israele sono fra i Paesi che hanno adeguato la legislazione militare
all’inclusione di gay e trans. Fra gli ospiti, un transessuale ex agente
del Mossad e la trans 49enne Stefania Pecchini, agente di polizia
locale nel Milanese.
Polis Aperta chiede al governo investimenti
in formazione, per «contrastare l’omofobia, diffusa e tenuta sotto
silenzio», dice Gabriele Guglielmo, in polizia locale a Torino e
vicepresidente dell’associazione. I casi segnalati a Polis Aperta sono
decine l’anno. Pescando nel mucchio: lo scorso luglio un giovane
poliziotto milanese ha trovato scritto “i froci non ci piacciono”
sull’armadietto. Tre mesi prima, in una caserma in Veneto, un militare
43enne ha espresso la volontà di suicidarsi perché «stanco degli insulti
omofobi». A Roma la scorsa primavera un poliziotto gay ha picchiato
uncollega che lo vessava chiamandolo “frocio”.
L’ufficio deputato a
combattere le discriminazioni nelle forze di polizia è Oscad. Dal 2015
ha formato 60 funzionari e ufficiali di polizia di Stato. Altri corsi
sono previsti nelle scuole del corpo a Vibo Valentia, Campobasso e
Peschiera del Garda. «Forze dell’ordine e forze armate sono specchio del
Paese — dice il vicequestore Stefano Chirico, responsabile di Oscad —
il sentimento sui temi della diversità non è differente da quello
generale». Quello che cambia sono le regole. Soprattutto per le persone
transessuali.
Guglielmo spiega: «Con i transgender le polizie
locali sono tolleranti. Nelle forze armate, Guardia di finanza compresa,
resiste il famigerato comma 9».
Il riferimento è al nono comma
dell’articolo 15 del regolamento militare sulle “infermità causa di non
idoneità”, che cita «le parafilie e i disturbi dell’identità in genere.
Per tutti, trascorso ove occorra il periodo di inabilità temporanea».
Un’impostazione introdotta dal ministero della Difesa nel 1999. «Con la
scusa delle cicatrici dell’operazione, le persone transessuali vengono
confinate in ufficio», dice Moro.
In polizia di Stato viene
denunciata una situazione ancora più difficile. Evelina Argurio, che
lavora in questura a Genova, è responsabile Silp-Cgil contro le
discriminazioni. «Il cambio di genere è considerato malattia, per cui le
persone transessuali non possono essere assunte — dice — . Ogni
pulsione deve essere repressa. Il decreto del ministro dell’Interno
198/2003 va cambiato».
La tabella delle «infermità
neuro-psichichiche» cita «i disturbi sessuali e disturbi dell’identità
di genere attuali o pregressi». Quindi, niente assunzione. «Io,
dipendente del ministero dell’Interno in ruolo civile, non ho problemi —
dice Sarah Musolino, transessuale — nei ruoli operativi è diverso».