La Stampa 25.9.16
Navi a Venezia
La vendetta di Marinetti
di Andrea Colombo
Lo
spettacolo visto da una calle nella zona della Dogana a Venezia, tra
palazzi rinascimentali e piccoli canali, è impressionante. Una grande
nave da crociera solca la laguna, mostruoso gigante del turismo di
massa, e sembra violentare un paesaggio che era rimasto intatto nei
secoli. Pare di essere piombati in un film di fantascienza o
dell’orrore. Ma è la realtà. Gli affari sono affari e il transito dei
colossi dei mari garantisce enormi introiti all’amministrazione locale,
al porto e al piccolo commercio. E poco importa che metta a repentaglio
la stabilità già precaria del bacino lagunare, minacciato dall’acqua
alta e dalle correnti sotterranee che corrodono le fondamenta in legno
degli edifici.
Ma c’è chi tenta di resistere. Oggi pomeriggio il
movimento «No Grandi Navi» si mobilita sulla riva delle Zattere, davanti
al canale della Giudecca, con una manifestazione di protesta che viene
annunciata come una festa. Al centro del canale vi sarà una chiatta
galleggiante sulla quale interverranno gruppi musicali, attori e
scrittori. Già da diverse settimane Venezia parla dai balconi, con
striscioni e bandiere che urlano «Fuori le navi dalla laguna!», «Il mio
futuro è a Venezia», «La laguna è bene comune». Ma sono voci flebili.
Ormai
la Serenissima è desertificata da un turismo sempre più aggressivo e
invadente. La popolazione di Venezia diminuisce di anno in anno. Il
costo della vita è altissimo, i prezzi degli immobili alle stelle, solo
gli anziani e i ricchi continuano a vivere nel centro storico. Gli
affari che ruotano intorno alle crociere invece aumentano costantemente.
Chissà
come avrebbe visto questo stupro di una città in nome del dio denaro il
poeta futurista F.T. Marinetti, che nel lontano 1910 lanciò il suo
proclama «contro la Venezia passatista». Nel suo manifesto tuonava:
«Ripudiamo la Venezia dei forestieri...letto sfondato da carovane di
amanti... cloaca massima del passatismo. Noi vogliamo guarire e
cicatrizzare questa città putrescente...Noi vogliamo preparare la
nascita di una Venezia industriale e militare che possa rovinare il mare
Adriatico».
E proponeva: «Il tuo Canal Grande allargato e
scavato, diventerà fatalmente un gran porto mercantile. Treni e tramvai
lanciati per le grandi vie costruite sui canali finalmente colmati vi
porteranno cataste di mercanzie, tra una folla sagace, ricca e
affaccendata di industriali e di commercianti!».
Tra il 1943 e il
1944, l’ormai anziano poeta futurista, reduce da una disastrosa campagna
di Russia dove andò, nonostante gli acciacchi.come ufficiale
volontario, troverà proprio a Venezia riparo dai bombardamenti che
stavano devastando il Nord Italia. Lui, che ne aveva cantato la
distruzione, troverà il suo rifugio tra quei canali maleodoranti di
storia e decadenza. E meditava melanconicamente sull’esito inglorioso e
umiliante della «guerra mussoliniana» che aveva esaltato in versi ancora
ricolmi di fede e furore patriottici. Di lì a poco, il 2 dicembre del
1944, si spegnerà a Bellagio, in una casa con vista sul lago manzoniano.
Non poteva conoscere un tramonto e una fine più passatisti di così.
Bisognerà forse attendere i nostri giorni del profitto a tutti i costi
per vedere esaudito il suo futuristico sogno.