Repubblica 24.9.16
L’amaca
di Michele Serra
Se uno
ha quattro soldi da investire, gli dicono più o meno questo: o te li
giochi in Borsa, o li nascondi sotto una mattonella, come i nonni
contadini. Oppure li spendi tutti al tabarin con le donnine (variante
per le signore: i gigolo), come i rovinafamiglie d’altri tempi. Altra
opzione non è data perché il risparmio inteso come paziente lievitazione
del gruzzolo, semplicemente non esiste più. Tra la speculazione e il
nulla, tra l’azzardo e lo zero, non esiste terra di mezzo: i titoli di
Stato, che erano il classico rifugio del piccolo risparmio, quello
prudente, quello giudizioso, hanno tassi di rendimento intorno allo zero
(e anche sotto) in tutto il mondo. Quanto al famoso mattone, viene da
sorridere pensando alle certezze, neanche tanto remote, dei milioni di
italiani fermamente convinti che “i soldi investiti nelle case tornano
sempre indietro”. La morte del risparmio è un cambiamento storico, anche
se se ne parla poco. Certifica, a leggerla bene, la morte del ceto
medio: chi ha il sangue freddo e le risorse per farlo (pochi!) diventa
scommettitore, tutti gli altri si trasformano in spettatori spaventati e
impotenti. Il capitalismo non è più un’occasione per tutti, come
prometteva di essere e in qualche fase storica è quasi riuscito a
essere. Sta diventando un gioco per pochissimi. Quando gli esclusi
diventeranno troppi, il tavolo sarà rovesciato.