sabato 24 settembre 2016

Repubblica 24.9.16
Parla Sundararajan
“La sharing economy è il nuovo capitalismo”
intervista di Giuliano Balestreri

MILANO.  Meglio la sharing economy del quantitative easing della Bce. Almeno per rilanciare l’economia: «Con l’aumento dell’offerta, cresce voglia di consumare. E la condivisione dei beni aumenta la disponibilità monetaria, migliorando l’allocazione delle risorse». Arun Sundararajan, professore alla New York University, è uno dei massimi esperti di sharing economy di cui parlerà oggi al Festival di Altroconsumo #ioCondivido. Eppure il professore non nasconde i dubbi sul termine sharing sottolineando che di condiviso non c’è nulla: «Quando iniziammo a parlare di social network con Facebook e Twitter dimenticammo che la socializzazione era un’altra cosa. È amicizia, amore, è stare insieme nella vita reale, non virtuale. Oggi parliamo di una condivisione più intima come una casa piuttosto di una stanza d’hotel, ma ci riferiamo sempre un servizio a pagamento».
Qual è la definizione giusta?
«Parliamo di una nuova offerta di servizi che vengono venduti. Non siamo di fronte a concetti rivoluzionari, ma stiamo assistendo a una transizione verso un nuovo capitalismo. La sharing economy è qualunque mercato che aiuti lo scambio individuale attraverso una piattaforma decentralizzata, da Airbnb a Bla-Blacar».
Non è troppo parlare di nuovo capitalismo?
«Si sta delineando una nuova architettura sociale. Il consumatore è sia fruitore che produttore di beni e servizi. E i collaboratori si trasformano in microimprenditori. I giganti che arriveranno sul mercato si poggeranno sulle spalle di persone indipendenti e senza di esse il loro giro d’affari, basato sulle commissioni incassate per le singole operazioni, non potrebbe prosperare».
In questo modo verrà stravolto il concetto stesso del contratto di lavoro.
«Sì, ma le prospettive sono ottime. Le barriere all’ingresso si sono abbassate: non si parla di fare concorrenza a Google o Facebook, ma a piattaforme che offrono servizi continuamente migliorabili. Mi viene in mente il caso di Juno, la start up newyorkese che minaccia Uber offrendo lo stesso servizio, ma chiedendo agli autisti una commissione pari alla metà di quella dei rivali».
I regolatori nazionali che ruolo giocano?
«La condivisione è una cosa molto europea perché la società americana è individualista. Eppure il ruolo dei regolatori è molto diverso: negli Usa non si interviene fino a quando le cose non vanno male, da voi accade esattamente il contrario, nulla inizia senza il via libera delle authority. E questo rallenta tutto».