Repubblica 24.9.16
Shopping nella casa delle fucilazioni l’ultimo sfregio alle vittime di Stalin
Mosca, sfuma il progetto di fare un museo nell’edificio collegato alla sede dei Servizi
di Nicola Lombardozzi
MOSCA.
I fantasmi di via Nikolskoja 23, tra la Piazza della Lubjanka e le
torri del Cremlino, devono essere molto inquieti di questi tempi. Da
quando l’ultimo proprietario di questo anonimo palazzo zarista nel
centro di Mosca ha deciso di trasformare in un centro commerciale di
lusso quella che per tutti i moscoviti è invece Rasstrelnij Dom, la Casa
delle Fucilazioni.
Un tragico luogo della memoria che molti
avrebbero voluto trasformare in un museo del terrore staliniano nel
disinteresse totale del Comune e della autorità statali. Sede del
collegio militare supremo, via Nikolskoja 23 divenne famosa per i
processi sommari contro oppositori e dissidenti. Chi entrava da quel
portone spesso spariva, condanato a morte e probabilmente giustiziato
negli scantinati dello stesso Palazzo. Un numero spaventoso di vittime
anonime insieme a nomi celebri come quelli degli scrittori Babel,
Pilniak, Kataev, Tretyakov, il regista teatrale Mejerchold, militari
sospetti di tradimento come il generale Tuchacevskij, o bolscevichi
caduti improvvisamente in disgrazia come Bukharin e Zinovev. Solo nei
due anni tra il 1936 e il 1938, i giudici di Stalin comminarono in quel
palazzo 31.456 condanne a morte. La voce popolare mai smentita, ma
confermata solo da testimonianze indirette vuole che molti imputati
venissero fucilati subito dopo le sentenze e seppelliti in fosse comuni.
Ai familiari, che proprio in quel palazzo andavano a chiedere notizie,
veniva negata ogni informazione. E solo dopo attese che a volte duravano
anni, veniva data una falsa comunicazione più o meno standardizzata:
“il suo congiunto è stato condannato a dieci anni di campo di
concentramento con divieto di corrispondenza”.
La Casa delle
Fucilazioni e tutta l’area che la circonda è al centro di leggende
metropolitane legate all’orrore. Come quella di una rete di tunnel che
collegherebbe via Nikolskoja 23 con la Lubjanka e con altri palazzi del
quartiere e dove sarebbero seppelliti migliaia di cadaveri. Quando,
negli scavi per una costruzione poco distante, furono trovati, otto anni
fa, i resti di un antico cimitero del 1600, molti si convinsero che
tutta l’area fosse una gigantesca fossa comune dello stalinismo. Ipotesi
azzardata, ma forse non del tutto lontana dalla realtà.
La
decisione del propietario, tal Vladimir Davidi, grossista di profumi, di
cancellare tutto realizzando un centro commerciale lascia ovviamente
sconcertati gli attivisti di Memorial che da anni indagano sui crimini
del regime sovietico. «È folle e blasfemo come costruire una sala da
ballo ad Auschwitz», commenta il co-presidente della Ong Ian Racinskij.
Sia Memorial che altre fondazioni come Arknazor che si occupa del
patrimonio urbano, appena quattro anni fa avevano applaudito alla
decisione del Comune di riconoscere il palazzo come parte del retaggio
culturale della città impedendo all’allora proprietario di abbatterlo
per costruire un grattacielo. Ma una volta salvata, la Casa delle
Fucilazioni, avrebbe meritato di diventare un museo o comunque un punto
di riferimento sacro della memoria. Il direttore della fondazione “Museo
del Gulag”, Roman Romanov ci spera ancora: «Abbiamo chiesto più volte
al Comune di comprare il Palazzo. Ci dicono che sarebbe troppo costoso.
Adesso ci rivolgeremo direttamente a questo signor Davidi. Non ha
calcolato la pessima pubblicità che si farebbe».