Repubblica 24.9.16
Fra le alchimie e il burocratese
Quesito referendum è lite pure sulla scheda “Spot al Sì”.“È la legge”
Il No protesta per la domanda “semplice” su taglio dei costi e dei parlamentari. Boschi: “È solo il nome della riforma”
di Sebastiano Messina
MAI
un quesito referendario aveva scatenato una polemica così violenta. «È
uno spot per il Sì» grida Brunetta dopo aver visto Renzi sventolare la
scheda che verrà consegnata nei seggi, perché invece di indicare la
legge con un titolo in burocratese — come fece il centrodestra quando
provò a modificare la Costituzione — il quesito elenca i punti-chiave
della riforma.
«È UN imbroglio fatto da un governo di imbroglioni»
protesta il capogruppo berlusconiano. Il quale s’è accorto troppo tardi
che la legge costituzionale definitivamente approvata a gennaio aveva
un titolo che non gli piace, soprattutto perché — lo dice la legge — la
scheda deve riprodurre esattamente quel titolo. E dunque è facile per la
ministra Boschi rispondergli che «non c’è nessun imbroglio e nessun
trucco», anzi «è tutto vero», perché «votando Sì al referendum si supera
il bicameralismo paritario, si riduce il numero dei parlamentari, si
contengono i costi di funzionamento delle istituzioni, si abolisce il
Cnel e si modifica il titolo V della Costituzione», proprio come ci sarà
scritto sulla scheda.
Certo é stato abile Renzi a scegliere per
la sua riforma un titolo perfetto per un manifesto del Sì, sapendo
benissimo che sarebbe stato quello il testo che gli italiani avrebbero
letto, prima di scegliere tra un Sì e un No. Ma Brunetta avrebbe dovuto
accorgersene durante la battaglia parlamentare, e magari battersi per
correggerlo.
Non l’ha fatto, e ora protesta — insieme a tutto il
fronte del No — perché è poco neutrale: troppo efficace. Ed è la vera
novità, perché finora ogni volta che apparivano le schede dei refendum
si levava puntuale un coro che gridava l’opposto: quesito
“incomprensibile”, “troppo lungo”, “criptico”, “burocratese puro”. Ed
era vero, purtroppo: un elettore che fosse entrato nella cabina
elettorale senza aver seguito i dibattiti, letto i giornali o ascoltato i
comizi, sarebbe rimasto a bocca aperta leggendo la domanda alla quale
gli si chiedeva di rispondere con un Sì o un No.
Si salvò solo il
primo, quello — storico — del 12 maggio 1974 sul divorzio. Quella volta
la questione era semplice: «Volete voi l’abrograzione della legge 898/70
(Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio)?». Mancava la
parola “divorzio”, ma si parlava — inequivocabilmente — di “scioglimento
del matrimonio”.
Non era per niente chiaro — anche se gli
italiani ne afferrarono perfettamente il significato, il 9 giugno 1991 —
il testo del referendum che diede il primo colpo di piccone alla Prima
Repubblica: quello sulla preferenza unica. Si domandava all’elettore se
fosse favorevole all’abrogazione «del Dpr 30 marzo 1957, n. 361,
limitatamente alle parti seguenti: art. 4, terzo comma, limitatamente
alle parole “attribuire preferenze per”; art. 58, secondo comma,
limitatamente alle parole “e indicando in ogni caso le modalità e il
numero dei voti che l’elettore ha facoltà di esprimere”; articolo 59,
secondo comma...» eccetera, fino a riempire con articoli, commi e incisi
l’intera scheda.
Ma il record dell’oscurità appartiene
probabilmente a un altro referendum sulla legge elettorale, quello del
21 giugno 2009. Per raggiungere l’obiettivo indicato dai promotori
(premio di maggioranza del Porcellum solo alla lista più votata, e non
più alla coalizione) veniva proposto agli italiani un quesito di venti
righe inframmezzato di «limitatamente alle parole». E le parti da
abrogare, lette al di fuori del loro contesto, galleggiavano come tappi
di sughero in uno stagno. Qualche esempio? Volete cancellare le parole
«nella stessa»? Volete abrogare il comma 3, laddove dice «di seguito, in
linea orizzontale, uno accanto all’altro, su un’unica riga»? Domande
alle quali neanche il più esperto costituzionalista avrebbe saputo
rispondere, senza preavviso.
Ma non sono state solo la lunghezza e
la complessità a generare quesiti incomprensibili. Anche l’eccessiva
brevità è stata fonte di disorientamento, per chi si ostinava a voler
leggere la domanda esatta. Quando fummo chiamati a pronunciarci sulla
legge che regolamentava la procreazione assistita, ci venne chiesto
sulla scheda se fossimo favorevoli ad abrogare un certo comma di un
certo articolo, ma «limitatamente alle parole: 1,». Ovvero, se fossimo
favorevoli o contrari alla cancellazione di un numero 1 seguito da una
virgola. Domanda solo all’apparenza astrusa, perché avrebbe prodotto
effetti precisissimi, eppure non per questo meno surreale.