Repubblica 21.9.16
Ma Renzi non cede sul ballottaggio
Il paletto del premier al forcing degli alleati : ballottaggio intoccabile
Per
 Palazzo Chigi la trattativa non può compromettere l’obiettivo-cardine: 
“Già la sera delle elezioni si deve sapere chi ha vinto” Ma in ogni caso
 le eventuali modifiche saranno discusse dopo il referendum
di Goffredo De Marchis
ROMA.
 Le condizioni di Matteo Renzi per una possibile modifica dell’Italicum 
non cambiano: il ballottaggio resta il suo sistema preferito «perchè la 
sera delle elezioni si deve sapere chi ha vinto e chi governa. Il tempo 
delle grandi coalizioni o delle alleanze forzate deve finire». Per 
questo il premier avrebbe preferito che il Pd e la maggioranza non 
presentassero alcuna mozione oggi alla Camera. I dem sono stati 
costretti a cedere su pressione del partner di governo Angelino Alfano, 
ma la linea di Renzi resta chiara: disponibilità ma con alcuni paletti 
irrinunciabili. Gli stessi che hanno ispirato l’Itali-cum.
Questa 
posizione viene raccontata bene da un passaggio della giornata di 
lunedì, subito dopo il rinvio della decisione della Consulta sulla legge
 elettorale. Dario Franceschini si offre come mediatore perchè anche il 
Pd si presenti con una sua mozione da contrapporre a quella di Sinistra 
italiana che giudica incostituzionale la legge elettorale. Scrivendo nel
 testo: conferma della volontà di cambiare la norma, attesa per le 
proposte delle altre forze politiche. Non c’è un’indicazione di dove si 
va a parare ma si dimostra per iscritto la disponibilità del Pd. Ne 
parla in serata con Lorenzo Guerini, l’ambasciatore romano di Renzi, 
impegnato a New York all’assemblea generale dell’Onu. Il vicesegretario 
risponde picche: «Un documento generico non serve a niente. Se proprio 
dobbiamo fare una mozione allora ci mettiamo i nostri punti fermi. 
Ovvero, l’Italicum è una buona legge, si può modificare ma solo 
rispettando i pilastri della governabilità, della stabilità e della 
rappresentanza». È la conferma che a Palazzo Chigi la discussione, e le 
aperture, ruotano sempre intorno alla norma votata lo scorso anno ed 
entrata in vigore a luglio.
Non significa che la posizione di 
Renzi sia solo tattica. Ma significa che l’intenzione è quella di non 
prendere un impegno concreto prima del referendum. Dopo, dipende dalla 
vittoria del Sì o del No, il quadro sarà completamente diverso 
dall’attuale. Lo saranno i rapporti di forza, lo saranno anche le 
eventuali proposte di modifica. In caso di successo degli anti-riforma 
l’Italicum sarebbe morto prima di essere sperimentato, visto che vale 
solo per la Camera e il Senato invece rimarrebbe in piedi.
La 
disponibilità del premier è prudente, ma sincera, se è vero che le 
possibili modifiche sono oggetto di discussione a Palazzo Chigi. Il 
fedelissimo renziano Andrea Marcucci immagina un secondo turno aperto 
agli apparentamenti «in modo che al governo non vada un solo partito, ma
 più forze politiche». Nessuno insomma da solo potrebbe prendere tutto. È
 un’ipotesi che è finita sul tavolo del premier ma che non tocca in 
alcun modo il tema della governabilità: si sa chi vince e chi vince 
governa. Niente manovre parlamentari. «Per questo - avverte Marcucci è 
doveroso che nella mozione, insieme alla volontà di cercare modifiche 
condivise, ci sia assolutamente la condizione di un sistema che assicuri
 un governo chiaro e stabile».
La mozione di maggioranza dunque 
serve a mantenere dei margini, ad attendere le proposte di tutti, a non 
mettere in crisi il rapporto con Alfano che ha garantito ai suoi 
parlamentari l’impegno di Renzi per correggere l’Italicum e ora sente la
 necessità di un atto concreto. In più, e i renziani non lo nascondono, 
può creare delle difficoltà alla minoranza, che continua a dire «senza 
modifiche all’Italicum noi votiamo no al referendum». «Noi ci siamo - 
sottolinea Guerini - e loro che fanno, si tirano indietro? ». La 
sinistra Pd non si fida e allo stesso tempo non vuole rinunciare alla 
posizione di mezzo. Perciò alza l’asticella: «Ci dovrebbero spiegare 
come si modifica e quando. Prima o dopo il referendum? », chiarisce 
Roberto Speranza. Che mette anche una pietra tombale sul passaggio di 
oggi pomeriggio: «Alla fine del circo delle mozioni, avremo un solo 
risultato: che esiste una legge elettorale vigente e si chiama 
Italicum».
Alla fine non è facile trovare un’alternativa al doppio
 turno di Renzi nè tra gli altri partiti nè dentro al Pd. Eppure si 
dovranno scoprire le carte nella direzione convocata a fine mese proprio
 su questa materia. I renziani chiedono una governabilità chiara e non 
amano le coalizioni modello Unione; Franceschini pensa a una correzione 
con il premio alle coalizioni per aprire al centro; Matteo Orfini punta 
al modello greco (proporzionale e premio fisso di deputati al partito 
vincente); Andrea Orlando vuole l’abolizione del ballottaggio; la 
minoranza ha presentato una proposta chiamata Mattarellum 2.0 con i 
collegi uninominali e premio di maggioranza. La linea di Pier Luigi 
Bersani del resto è «opposta», come ha detto lui, a quella del 
segretario: «Io sostengo non il proporzionale, ma un sistema 
moderatamente maggioritario».
La mossa dei grillini, che oggi 
metteranno nero su bianco, il ritorno al proporzionale puro, senza 
premi, sul modello della Prima repubblica, non aiuta certamente il 
dialogo per la modifica dell’Italicum. Anzi, sembra fatto apposta per 
farsi dire di no e lasciare tutto com’è. In questo caso, per Renzi, dal 
fronte grillino non arriva una cattiva notizia, ma la strategia del 
premier resta quella dell’attesa. Non solo sarà dirimente l’esito finale
 del referendum. Si faranno i conti anche con i numeri, in termini 
assoluti, degli elettori che avranno detto Sì. Saranno importanti anche 
per la legge elettorale che verrà.
Franceschini mediatore per 
varare un testo di maggioranza alternativo a quello di Sinistra Italiana
 Guerini alla minoranza dem: “Si tirano indietro” Speranza: “No, 
vogliamo chiari tempi e modi”