lunedì 19 settembre 2016

Repubblica 19.9.16
Rai, lo stop del Cda “Il direttore rispetti le regole di Cantone”
Dopo i rilievi sui contratti irregolari, con un documento i consiglieri prendono le distanze da Campo Dall’Orto
di Goffredo De Marchis

ROMA. Oggi va in scena il terzo “incidente”, in una settimana, per la Rai di Campo Dall’Orto. Prima il taglio degli stipendi dei manager televisivi (tetto massimo 240 mila euro) deciso con un emendamento al Senato, poi la relazione di Raffaele Cantone che individuava irregolarità in 21 assunzioni esterne. Nel pomeriggio arriverà anche la contestazione del consiglio di amministrazione di Viale Mazzini, senza distinzioni tra maggioranza e opposizione. I consiglieri all’unanimità metteranno a verbale un documento, circolato nelle loro caselle mail, contro il direttore generale richiamandolo «alle sue responsabilità», «ad assolvere subito agli adempimenti chiesti dell’autorità anticorruzione».
Al settimo piano di Viale Mazzini, nelle stanze di Campo Dall’Orto, si vive ormai un clima d’assedio. La scelta, trasversale, dei consiglieri peggiorerà questa sensazione. Il primo obiettivo dei membri del Cda è separare i propri atti da quelli del direttore generale. Il documento è stato preparato da un pool di legali e serve soprattutto a evitare rilievi da parte della Corte dei conti o peggio della magistratura ordinaria contro il consiglio. Il testo è diviso in tre punti. Chiede di definire le responsabilità e invita il dg a correggere gli errori seguendo alla lettera la direttiva dell’Anac. Ricorda che il piano trasparenza, oggetto delle attenzioni di Cantone, è stato votato dal Cda ma lo stesso organismo non ha mai potuto applicarlo. Infine, rimanda ai verbali del Cda per provare che è stato proprio Campo Dall’Orto a definire il piano di sua esclusiva competenza. Finora l’atto di accusa è stato condiviso da Franco Siddi, Guelfo Guelfi e Rita Borioni del Pd, da Giancarlo Mazzuca e Arturo Diaconale del centrodestra, da Paolo Messa in quota centristi. Carlo Freccero è stato contattato in serata e oggi parteciperà alla riunione preliminare in cui i consiglieri metteranno ufficialmente le loro firme in calce al testo. All’incontro sono invitati anche la presidente-consigliere Monica Maggioni e il membro dell’azionista ministero dell’Economia, Marco Fortis.
Dunque, tutto nasce da una questione procedurale ma la firme dei consiglieri di maggioranza, che formano la spina dorsale dell’azienda insieme con Campo Dall’Orto, dimostra l’isolamento politico in cui si trova oggi il vertice della Rai. «Non voglio sfiduciare l’ad - spiega la consigliera Borioni - ma è un dovere per gli amministratori dare seguito alla relazione dell’Anac. Per questo condivido assolutamente il documento che abbiamo preparato». Diaconale dà anche una lettura politica alla mossa dei consiglieri: «La sfiducia a Campo Dall’Orto è un problema tutto interno alla maggioranza. Non so cosa faranno. Mi pare che per lui tiri un’aria cattiva. Se il partito del premier vota un taglio del tuo stipendio di 400 mila euro, il segnale è molto negativo». Freccero aspetta la riunione di stamattina per decidere come muoversi. «Gli aspetti tecnici mi interessano poco. Sono più preoccupato per l’occupazione dell’azienda da parte di Renzi». Però, scherza l’ex direttore di Raidue, «io da consigliere non prendo un euro. Se la Corte dei Conti mi fa una multa per danno erariale, la porto a Palazzo Chigi e al ministro Madia. Poco ma sicuro».
Il Cda di oggi come prova generale di una messa in mora del dg? «Non è così», assicura Borioni. Ma il consiglio, con la riforma della Rai, ha un solo potere rimasto: sfiduciare l’amministratore, con il voto dei due terzi dei consiglieri. Ipotesi da fantascienza, dicono al Pd. Eppure il pressing su Campo Dall’Orto arriva proprio dal partito che dovrebbe essergli più vicino. Il deputato della commissione di Vigilanza Michele Anzaldi avverte: «Aspetto ancora che si muova il procuratore della Corte dei Conti. E mi arrivano strane voci sul taglio degli stipendi: vorrebbero toglierlo dalla legge dell’editoria e metterlo nella legge di bilancio, ammorbidendolo. Sarebbe una scelta disastrosa».