Repubblica 19.9.16
Il populista padano senza prospettiva
Il piccolo Trump tutto e solo slogan tra nostalgie padane e nazionalismo
La strategia poggia sulla illusione di replicare i successi dei populisti stranieri
Salvini punta sulla speranza di un colpo di dadi fortunato
di Stefano Folli
CON
la Lega indicata nei sondaggi intorno al 12 per cento, ossia due o
anche tre punti sotto il suo massimo storico, il raduno di Pontida
avrebbe potuto offrire qualche indicazione interessante circa le
strategie di Salvini.
A cominciare dalla sua capacità di
correggere qualcosa in uno spartito la cui musica è sempre meno gradita
agli elettori (e le amministrative lo hanno certificato).
Viceversa
il leader del Carroccio ha riproposto tale e quale il solito schema, se
possibile ancora più violento e volgare. Degli insulti a Ciampi nei
giorni del cordoglio si è già detto. Ma ieri Salvini ha aggiunto qualche
attacco al papa Francesco per la cedevolezza verso l’Islam, mentre gli
elogi sono andati a Putin e a Marine Le Pen. Il problema è che nessuno
ha capito quale sia la prospettiva politica che la Lega suggerisce al
paese, salvo bloccare e rispedire indietro i migranti. Non si è capito
nemmeno se la Padania esista ancora nell’immaginario nordista, come
premessa della futura secessione invocata da qualche striscione e in
fondo anche dal vecchio Bossi. O se invece il pensiero di Salvini sia
ormai pienamente nazionalista, come farebbe pensare il suo desiderio di
imitare la Le Pen.
Peraltro, quando un leader attende l’autunno
del 2016 per scoprire il presidenzialismo, vuol dire - secondo logica -
che ha fatto una scelta precisa in favore dell’unità nazionale. Il che
si sposa male con il fallimento dei tentativi fin qui messi in atto per
trasportare il verbo leghista nel Mezzogiorno. Per riuscirci Salvini
dovrebbe dare voce a uno stato d’animo, sia pure estremista, capace
tuttavia di intercettare le differenze e le complessità storiche che
rendono la storia del Nord e del Sud così diverse da tempo immemorabile.
Ma di questo sforzo non si vede traccia né a Pontida né in qualcuno
degli studi televisivi frequentati dal leader. Marine Le Pen, per citare
di nuovo il punto di riferimento della nuova Lega, sa interpretare una
certa tradizione della destra francese. Salvini invece ormai parla per
slogan, oltretutto sempre gli stessi; e quando i sondaggi cominciano a
essere deludenti, egli sa solo inasprire i toni. È evidente che c’è in
lui un istinto esclusivamente tattico. Oggi il suo nemico è il
pragmatismo moderato di Stefano Parisi, assimilato a tutta la galassia
dell’establishment centrista. Quanto all’ultima invettiva (“non saremo
mai più schiavi di Berlusconi”), è in sostanza un appello all’uomo di
Arcore perché riprenda con lui il filo del negoziato su un piede di
parità, mettendo da parte l’esperimento Parisi. La carta nella manica di
Salvini è sempre la stessa: non può esistere un centrodestra allargato
senza la Lega. Ma i tempi cambiano e se il Carroccio si riduce a una
minoranza etnica urlante, sia pure del 10-12 per cento, è chiaro che
sarà marginale nell’Italia di domani. Forse il leader del Carroccio non
tiene conto che gran parte dell’elettorato anti-sistema e
anti-establishment si è già spostato sui Cinque Stelle e nonostante
tutto non sembra intenzionato a lasciare Grillo per Salvini.
In
ultima analisi, chi è intervenuto ieri a Pontida è un personaggio
isolato e a corto di idee. Parla al suo mondo, ma non appare in grado di
conquistare nuovi elettori; anzi, il rischio è che la coperta via via
si restringa. La strategia della Lega, in fondo, si può definire come la
speranza in un colpo di dadi fortunato. C’è Trump in America che sta
avendo gran successo con un linguaggio non molto diverso da quello di
Pontida: se ci riesce lui, perché - per la proprietà transitiva - non
deve riuscire prima o poi anche il piccolo Trump padano? E poi
l’Austria: nel nuovo ballottaggio presidenziale potrebbe imporsi il
candidato dell’estrema destra. E inoltre ci sono le crescenti difficoltà
di Angela Merkel in Germania: anche lì potrebbe innescarsi un
cortocircuito. E che dire della Francia, dove l’alleata Marine sembra
poter accedere al secondo turno delle prossime presidenziali? È un mondo
di illusioni che sembra propizio ai progetti di Salvini, ma l’analisi è
grossolana e infatti i voti non superano mai la soglia media, comunque
insufficiente ad alimentare certe ambizioni.