Repubblica 18.9.16
“Ero posseduto dal diavolo ma Amorth mi ha liberato”
Un
ex operaio racconta i suoi incontri con il sacerdote-esorcista morto
venerdì: “Dopo sei anni terribili sono uscito dall’incubo”
Non è un rituale magico che risolve tutto dalla sera alla mattina. Ci vuole tempo per i benefici
Mi diceva: “Lo sai che il diavolo quando mi vede scappa? Sono più brutto di lui...”
intervista di Paolo Rodari
ROMA. «Venni esorcizzato da padre Amorth per alcuni anni. Il suo aiuto fu fondamentale per la mia vita».
Alcuni anni, addirittura?
«Gli
esorcismi non sono un rituale magico, che risolvono ogni cosa dalla
sera alla mattina. Ci vuole del tempo per avere benefici ».
Alberto,
il nome è di fantasia, accetta di parlare del suo «cammino di
liberazione» fatto con l’esorcista della diocesi di Roma scomparso
l’altro ieri, a patto di poter mantenere l’anonimato. Oggi in pensione,
dopo una vita da operaio in una grande fabbrica del Nord, racconta una
storia «di grande sofferenza », come è quella di chi a un certo punto
ritiene di aver bisogno dell’aiuto di un sacerdote, o meglio di un prete
esorcista.
Perché andò da padre Amorth?
«Me lo consigliò
un’amica. Ero entrato in un giro di occultismo ed esoterismo.
Partecipavo, insomma, a quel tipo di riti. Capii soltanto dopo che così
facendo aprivo le porte a una realtà preternaturale che, di fatto,
invase la mia vita e il mio corpo».
Come fu il primo incontro?
«Trovai
un prete molto umile, semplice, sorrideva e faceva battute. Mi incontrò
nella sua stanza. Mi ascoltò e mi disse: “Va bene, facciamo una
preghiera”. Iniziò a recitare una litania in latino. Dopo qualche parola
andai in trance. Fu quello un primo segno con cui lui ipotizzò una
possessione».
Come fece a dire che non era una malattia?
«Nei
mesi successivi mi fece visitare da medici esperti. Non iniziò nulla
con me fino a quando i medici non arrivarono alla conclusione che non
ero malato».
Cos’era allora?
«Ci si può credere o no. Ero posseduto».
Come si manifestava questa possessione?
«Vicino
ai luoghi sacri, o durante le preghiere, non ero più me stesso. Spesso
di notte mi svegliavo con dei graffi sulla pelle. Non me li facevo da
solo, eppure c’erano. Ma uno dei segni più inspiegabili avvenne durante i
primi esorcismi. Mentre Amorth faceva la sua preghiera io parlavo in
inglese. Dicevo cose sensate in quella lingua».
Non così strano...
«Invece
sì. Non ho mai conosciuto l’inglese. Non ho mai avuto l’occasione di
studiarlo. Eppure sotto esorcismo lo parlavo, insultavo Amorth, la
Chiesa, Dio, la Madonna».
Come avvenivano gli esorcismi?
«In un clima di grande serenità».
In che senso?
«Amorth
mi accoglieva in una stanza a ridosso di una chiesa. Con lui c’erano
alcune persone convocate lì per aiutarlo. Pregavano durante l’esorcismo e
se andavo troppo in escandescenza mi tenevano fermo. Erano tutti
gentili. Anche Amorth sdrammatizzava sempre. E mi diceva: “Coraggio,
passerà”. E poi: “Lo sai che il diavolo quando mi vede scappa? Sono più
brutto di lui, per questo gli faccio paura”. Insomma, mi metteva a mio
agio, se così posso dire. Poi iniziava l’esorcismo. Durava mezzora,
forse un’ora. Alla fine mi sentivo meglio. E tornavo a casa sereno. Poi,
però, dopo un po’ di giorni, necessitavo di un’altra preghiera».
Come si liberò?
«Avvenne
dopo sei anni. Amorth mi chiese di iniziare una vita diversa, fatta di
preghiera e anche di digiuno. Accettai. Furono anni in cui a poco a poco
mi riavvicinai alla fede. E più cambiavo vita più la mia esistenza
migliorava».
Quando si scoprì libero?
«Un giorno andai per
l’ennesimo esorcismo. Iniziò a pregare e non ebbi alcuna reazione. Mi
richiamò altre volte e ancora zero reazioni. Mi disse: sei libero. Però
ricordati. Devi continuare con questa vita, altrimenti tutto può tornare
com’era».