Repubblica 18.9.16
La partita post-Brexit di Merkel “Il no ai rifugiati ci distruggerà”
Dietro
le quinte del vertice di Bratislava si è consumato uno scontro sul
destino della Ue A far tremare la cancelliera e Hollande non è l’Italia
ma la posizione dei Paesi orientali
di Tonia Mastrobuoni
BERLINO.
Possono bastare i “piccoli passi”, un documento finale che è la
versione annacquata del vertice di Ventotene e un’ambizione alla futura
integrazione europea smorzata fino al coma, per far progredire l’Europa?
Angela Merkel ci crede. E non solo per la proverbiale cautela,
sbatacchiata com’è da un appuntamento regionale disastroso all’altro. O
perché fino all’autunno delle elezioni politiche ha fatto sua la massima
di una famosa campagna elettorale di Adenauer: «niente esperimenti ».
Ieri Merkel ha riassunto così il clima del primo importante vertice a 27
post Brexit : «Siamo in una situazione critica ». E non si riferiva
certo alla rottura verbale di Matteo Renzi: quello che ha messo in ansia
Merkel e ispirato decisioni irrituali come la conferenza stampa a due
con Hollande, è il vento gelido che spira da Est.
Secondo
un’autorevole fonte governativa, la cancelliera non replicherà
all’irritazione del presidente del Consiglio italiano. Primo, perché
Renzi non ha leve per far uscire allo scoperto la cancelliera,
contrariamente all’inverno scorso, quando mezzo governo tedesco fu
costretto a reagire imbufalito al rifiuto dell’Italia di chiudere
l’accordo con la Turchia. Secondo, perché per dirla con il genio della
tautologia Catalano, meglio un’Europa con Matteo Renzi che senza. Fino
al referendum, Merkel eviterà di mettere in difficoltà l’alleato
italiano, se non su temi estremamente sensibili anche per l’elettorato
tedesco come i conti pubblici.
La decisione di indire la irrituale
conferenza stampa a due a Bratislava, senza l’Italia, «non ha una
motivazione particolare », secondo la stessa fonte. E’ nata durante il
Consiglio, in risposta ad un altrettanto irrituale e aggressivo
documento presentato al vertice dal quartetto di Visègrad, dal “ribelli”
dell’Est, in cui la Commissione Ue viene attaccata in modo frontale e
si chiede di tornare a far decidere i governi nazionali. E in cui la
politica della redistribuzione delle quote viene ancora una volta
respinta con forza.
Presentare il motore franco- tedesco sul palco
del vertice europeo, un connubio rodato, utile a riaffermare il bisogno
di guardare in avanti e ricompattare i 27, è una decisione senza rischi
collaterali. Se si fosse aggiunto Renzi, sarebbe stato il segno
conclamato di un neo-direttorio a tre, percepito da un’Ue già
sfilacciatissima come un club “ad excludendum”. E’ questo complicato
funambolismo di Merkel di tenere insieme i 27, contrastare l’offensiva
dei quattro di Visègrad ma regalare un impulso che guardi in avanti, che
motiva la conferenza stampa a due. Non a caso, anche la proposta della
cooperazione sulla Difesa delle settimane scorse è arrivata da una
lettera a due, franco-tedesca, e non a tre. Ma la sintonia con l’Italia
c’è comunque, testimoniata dalla lettera simile scritta dai ministri
degli Esteri e dell Difesa Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti. E’ nei
fatti. Sui formati, meglio essere cauti, nella testa di Merkel.
Intanto,
il clima che si respira a Berlino è sempre più soffocante. Ieri Merkel
ha messo in discussione persino il suo «ce la faremo », parlando in
un’intervista di una «formula vuota» che la cancelliera ha «quasi paura
di ripetere». Oggi si vota a Berlino e, a distanza di due settimane
dalla débacle nel Meclemburgo- Pomerania, la Cdu rischia di nuovo di
scivolare in terza posizione, stavolta dietro i Verdi, persino di
diventare quarta dietro la Linke. La Caporetto si annuncia talmente
grave che il sindaco uscente, Michael Mueller, dice apertamente di voler
buttare fuori i cristianodemocratici dal governo della capitale per
governare con la Linke e i Verdi e spostare la capitale a sinistra.
Già
stasera, quando usciranno i risultati, la fronda anti-Merkel nella Cdu
potrebbe ricevere un nuovo, devastante impulso. Rafforzato dalle minacce
rinnovate della Csu, che attraverso il suo capo, Horst Seehofer, dice
apertamente allo Spiegel che potrebbe far venir meno l’appoggio alla
ricandidatura della cancelliera. E domani anche il vicecancelliere,
Sigmar Gabriel, potrebbe ricevere un sonoro schiaffo dal congresso della
Spd. Se bocciasse l’accordo Ceta con il Canada, per il quale il
ministro dell’Economia si è impegnato molto, alcuni giornali parlano di
un passo indietro obbligato. Per Merkel, sono ore di angoscia, anzitutto
a Berlino.