Repubblica 18.9.16
“Vecchia, più povera e improduttiva” Così sarà l’Europa senza migranti
Uno
studio della Fondazione Moressa descrive un inquietante scenario Con le
frontiere chiuse, nel 2030 verranno persi trenta milioni di lavoratori
di Vladimiro Polchi
ROMA.
In epoca di sbarchi ed emergenza immigrazione, cosa accadrebbe se
l’Europa potesse chiudere davvero le frontiere? L’Italia perderebbe
oltre 4 milioni di lavoratori in quindici anni. I giovani diventerebbero
merce rara: un milione e 300mila sparirebbero nel nulla. Boom invece di
pensionati: aumenterebbero di due milioni e mezzo. Il resto d’Europa
non starebbe meglio: nel 2030 dovrebbe dire addio a 30 milioni di
persone in età lavorativa. Eccolo lo scenario “apocalittico” di un
eventuale saldo migratorio pari a zero: «Un continente vecchio, più
povero e meno produttivo».
A fotografare un’Europa chiusa nelle
proprie frontiere è uno studio della Fondazione Leone Moressa, su stime
Eurostat e Istat. I ricercatori partono dall’ipotesi, fantascientifica,
di un saldo migratorio pari a zero. I risultati? Impressionanti. A
frontiere chiuse (e con gli attuali tassi di fecondità), nel 2030 la
popolazione Ue diminuirebbe dell’1,9%, sotto quota 500 milioni. Ancora
più drastico il calo demografico in Germania (-7%, da 81 a 75 milioni) e
in Italia (-5%, da 60 a 57 milioni). La fascia d’età lavorativa (15-64
anni), che attualmente rappresenta il 65,5% della popolazione europea,
scenderebbe al 60,8%. Tradotto: 30 milioni di persone in meno. Per
l’Italia si tratterebbe di una perdita di 4,3 milioni di cittadini in
età lavorativa. Ancora peggiore l’andamento in Germania: 9 milioni in
meno. Calerebbero anche i giovani nella fascia 0-14 anni, dall’attuale
15,6% al 14,3%, con una diminuzione di quasi 8 milioni in Europa e un
milione e 300mila in Italia. Al contrario, l’invecchiamento della
popolazione porterebbe a un aumento di 6 punti percentuali tra gli over
65 (+28 milioni in Europa). In Italia gli anziani crescerebbero di 2,6
milioni, passando dal 21,7% al 27,5%.
Come sarà invece l’Italia
tra 15 anni, con gli attuali flussi migratori invariati? Oggi tra gli
italiani la popolazione in età lavorativa rappresenta il 63,2%, mentre
tra gli stranieri il 78,1%. Gli anziani sono il 23,4% e solo il 3% tra
gli immigrati, ma stando all’Istat nel 2030 saliranno al 29,2% tra gli
italiani e all’8,2% tra gli stranieri. E ancora: nel 2015 gli immigrati
rappresentano l’8,2% della popolazione residente in Italia. Valore che
sale all’11,3% tra i bambini e scende addirittura all’1,1% tra gli
anziani, «con un impatto dunque minimo sulla spesa pubblica». Nel 2030,
gli immigrati rappresenteranno ben il 14,6% della popolazione, arrivando
addirittura al 21,7% nella fascia 0-14 anni e al 17,4% nella fascia
15-64. Cambierà anche il mercato del lavoro: oggi gli occupati stranieri
sono oltre 2 milioni, con un’incidenza del 10% sul totale, nel 2030
saranno 4 milioni, pari al 18% degli occupati. Mantenendo gli attuali
tassi di crescita, il Pil prodotto dagli immigrati ammonterà a 217
miliardi, pari al 15% del totale (attualmente è poco al di sotto del
9%).
«Oggi l’immigrazione rappresenta uno dei temi più delicati a
livello europeo — scrivono i ricercatori della Fondazione Moressa, che
l’11 ottobre presenteranno al Viminale il “Rapporto sull’economia
dell’immigrazione” — basti pensare al referendum sulla Brexit, sul quale
ha influito moltissimo la campagna anti-immigrati, al muro alzato
dall’Austria o al prossimo referendum del 2 ottobre in Ungheria sui
ricollocamenti dei migranti. Nella maggior parte dei paesi Ue, il
sentimento dominante è quello di chiusura delle frontiere e di contrasto
all’immigrazione. Questo studio conferma invece ancora una volta
l’importanza della componente straniera in Italia e in Europa, dal punto
di vista demografico e di conseguenza sotto il profilo
socio-economico».