sabato 17 settembre 2016

Repubblica 17.9.16
Isabel Wilkerson
“Un luogo dove ricordare e anche poter piangere”
La scrittrice premio Pulitzer “Era importante realizzarlo nella capitale, un simbolo”
intervista di Anna Lombardi

PITTSBURGH. La storia degli africani è la storia dell’America. Senza di loro non ci sarebbe questo Paese così come lo conosciamo». Il premio Pulitzer Isabel Wilkerson, autrice di “Al calore di soli lontani”, un affresco dell’immigrazione nera americana, è stata chiamata dallo Smithsonian a partecipare alla stesura del catalogo del nuovo museo.
Come mai si è dovuto aspettare tanto?
«Ci sono voluti decenni e l’impegno di molte persone. Ma non è mai troppo tardi per fare la Storia. E poi il museo si apre in un’epoca speciale, alla vigilia di una elezione speciale. E non dimentichiamo che ad inaugurarlo c’è un presidente afroamericano».
Ma quanto conta per l’America di oggi questo riconoscimento?
«Tantissimo. I neri furono portati qui contro la loro volontà e contribuirono alla creazione di una intera nazione senza ricevere niente in cambio. Erano qui ben prima che gli Stati Uniti venissero fondati: i primi schiavi africani arrivarono nel 1619 con i colonizzatori europei, più di un secolo prima della Rivoluzione. Sono uno dei popoli che vive da più tempo in America».
E il percorso offerto dal museo è completo?
«È ancora un work in progress: ma è vibrante, ricco di cimeli che offrono una visione ampia del contributo culturale degli afroamericani al Paese, ma anche delle loro sofferenze».
Quali sono i pezzi più importanti?
«La bara di Emmett Till, il ragazzino di 14 anni linciato in Mississippi nel 1955: la sua morte diede il via al movimento per i diritti civili. E poi il vestito che Rosa Parks indossava quando rifiutò di lasciare il suo posto nell’autobus, sempre nel 1955. E la Bibbia di Nat Turner che guidò la storica ribellione degli schiavi in Virginia del 1831» Cosa significa per gli afroamericani l’apertura del museo?
«Un simbolo importante, che trova spazio nel luogo più importante degli Stati Uniti, Washington, la capitale. Onora un intero popolo ma è anche un memoriale, un luogo dove ci si può finalmente fermare a riflettere sul passato brutale. E anche a piangere».