sabato 17 settembre 2016

Repubblica 17.9.16
Un museo per la storia degli afro-americani così l’America fa i conti con il suo passato violento
Tra una settimana Obama a Washington inaugurerà l’immensa struttura. Per i visitatori sarà un viaggio tra razzismo, segregazione ed emancipazione
di Arturo Zampaglione

NEW YORK. È il solo museo al mondo dove c’è una stanza vuota, silenziosa, senza oggetti, dove i visitatori possono riprendere fiato, smaltire le forti emozioni ed eventualmente farsi aiutare da uno psicologo, che è sempre lì a disposizione. Sì, perché il Museo nazionale della storia e della cultura afro-americana, l’immensa struttura color bronzo che sarà inaugurata sabato prossimo nel Washington Mall da Barack Obama, offre la prima ricostruzione completa, ma anche impietosa e assordante, delle violenze subite dai neri e del razzismo dei bianchi.
Tra i 3.500 oggetti esposti (sui 40mila della collezione), figurano ad esempio la misera capanna di schiavi di una piantagione di cotone della Carolina del Sud, un collare di ferro adatto solo a un “bambino-schiavo”, la ricevuta della vendita di una africana sedicenne («e degli eventuali figli»), un cappuccio di seta usato dai membri del Ku Klux Klan e molte fotografie di linciaggi. «Volevamo calare nella realtà il concetto di segregazione, che è troppe volte rimane astratto», spiegano i collaboratori del direttore del museo, Lonnie Bunch. La quale si affretta a proiettare un’immagine più costruttiva (e più “inclusiva”) della nuova istituzione culturale, che fa parte dello Smithsonian: «La storia afro-americana — dice la Bunch — si intreccia con quella americana. Molti valori come l’ottimismo e la spiritualità, derivano proprio dalla cultura afro-americana». L’idea del museo nacque un secolo fa, al ritorno dei soldati neri dal fronte europeo dopo la prima guerra mondiale. Ma è stato lungo e difficile superare l’opposizione di molti conservatori. Tredici anni fa il Congresso ha approvato il piano. Poi ci sono voluti 540 milioni di dollari, 270 giunti da finanziatori privati tra cui Oprah Winfrey. Il progetto è stato affidato all’architetto di origini africane David Adyaje, che ha voluto differenziare la struttura dagli altri musei in marmo, granito e stile neo-classico che si affacciano sul Mall, luogo simbolo dell’unità nazionale. Rivestito da 3600 lastre di alluminio dipinto, che emettono bagliori color ruggine, l’esterno assomiglia a una corona a tre punte. Secondo qualcuno fa anche pensare a delle mani incrociate in segno di preghiera. All’interno, 40mila metri quadri di spazio su 5 piani: tre sottoterra dedicati ai travagli della storia e due sopra, che si concentrano sulla comunità, la cultura e le pietre miliari dell’emancipazione dei neri. Questi ultimi sono più “soft”: si vedono le medaglie olimpiche di Carl Lewis, la tromba di Louis Amstrong, la Cadillac rossa di Chuck Berry.
Sarà comunque sempre un museo diverso da tutti gli altri: sempre in continua evoluzione, riflettendo i turbamenti e cambiamenti della società americana.