sabato 17 settembre 2016

Repubblica 17.9.16
I vescovi, la destra e l’attico le trame del cavalier Marra
L’uomo chiave della giunta romana ora è nel mirino anche per il concorso del fratello
di Carlo Bonini

ROMA. Raffaele Marra, il Rasputin di Virginia Raggi, decide di battere un colpo. E lo fa con la vaghezza di chi si tiene lontano dai fatti come la peste. «La mia nomina non solo non è illegittima ma non è stato richiesto alcun parere all’Anac - scrive in un comunicato – Né ho beneficiato di alcuno sconto per l’acquisto di proprietà immobiliari». Non va meglio con una lettera all’Espresso, che vorrebbe rettificare (senza riuscirci) l’inchiesta firmata da Emiliano Fittipaldi. Quanto infatti all’acquisto dal costruttore Sergio Scarpellini (legato da rapporti contrattuali con il Comune, di cui Marra era responsabile per il patrimonio immobiliare) di un appartamento di pregio a 700 mila euro (cinquecentomila in meno del prezzo pagato da altri acquirenti per un’identica abitazione) con contestuale “permuta” a 400 mila della casa che abitava, Marra ha due sole cose da dire. La prima, che nulla spiega né del prezzo né della permuta: «Non ho mai beneficiato di alcuno sconto in quanto non ne avevo alcun diritto». La seconda, che molto dice su quale idea coltivi del conflitto di interesse: «I contratti di locazione e comodato di immobili tra il Comune e la società di Scarpellini “Milano 90” sono stati stipulati tutti in epoche in cui non ero nell’Amministrazione Capitolina». Si potrebbe obiettare che questo è vero, ma che è altrettanto vero che quei contratti fossero a regime quando Marra, quale dirigente del Patrimonio, ne rispondeva come contraente. Ma è un dettaglio che all’uomo deve sfuggire. Per Marra, infatti, il conflitto di interesse non è una condizione oggettiva, ma uno stato d’animo. L’importante, dunque, è non sentircisi. Anche quando, come è accaduto nella sua nuova veste di dirigente per il Personale, firma un bando di concorso per il nuovo Comandante dei Vigili Urbani sapendo che a concorrere sarà anche suo fratello Renato, oggi nella task force per il decoro urbano della Polizia Municipale.
Del resto, che l’uomo sia di cavillosa furbizia lo dimostra anche il sostenere che sulla sua nomina a vicecapo di Gabinetto non sia stato chiesto alcun parere all’Anac. La circostanza, infatti, è formalmente corretta soltanto perché, a differenza che per la Raineri (quando, guarda caso, a preparare il parere fu proprio Marra), la Raggi, nel rivolgersi a Cantone, pone un quesito senza alcun riferimento a Marra e prova a precostituire una risposta positiva. Invocando il precedente del regolamento comunale di Firenze, chiede infatti conforto sulla possibilità di nominare quali componenti del proprio staff dipendenti dell’amministrazione capitolina. Ma la risposta di Cantone la caccia in un vicolo cieco (e questo spiega perché il parere non sia stato reso pubblico). Che a Firenze il regolamento lo autorizzi – argomenta il presidente dell’Anac – non significa che anche a Roma lo si possa fare. Dipende se lo autorizza il regolamento del Campidoglio. E quel regolamento non lo autorizza.
La furbizia di Marra, tuttavia, soffre di qualche inciampo. Come dimostra il maquillage cui ha sottoposto il suo curriculum vitae. Che, nel giro di cinque anni, si asciuga da sei a due sole pagine, condannando all’oblio ciò che, evidentemente, è meglio non sapere. Ma di cui restano in Rete tre copie diverse. Da cui si scopre il singolare vai e vieni nella conoscenza delle lingue. Un “eccellente inglese scritto e parlato” che compare nel cv consegnato alla Giunta Raggi, era infatti “scolastico” con la giunta Marino e “ottimo” undici anni prima, dopo un “corso di 25 giorni all’International Language school”. Mentre il francese e lo spagnolo, “scolastici” nel cv ad uso Marino, svaniscono in quello per la Raggi. Esattamente come l’appartenenza a tre ordini cavallereschi ecclesiastici. Marra è infatti “Donato di devozione del Sovrano Ordine di Malta”, “Cavaliere dell’ordine equestre di san Silvestro Papa” e “Cavaliere dell’ordine equestre del Santo Sepolcro”. Che per uno che ha fatto il finanziere su pattugliatori marittimi a Pratica di Mare e si fregia di una docenza in meteorologia non si capisce bene come saltino fuori. A meno di non guardare ad Oltretevere. Lì Marra ha avuto più di un prelato che si dice tenesse a lui. Sicuramente monsignor Giovanni D’Ercole, oggi vescovo di Ascoli. Sicuramente anche chi lo segnalò a Gianni Alemanno quando era ministro dell’Agricoltura perché lo prendesse prima nella sua segreteria come ufficiale della Finanza in distacco e quindi lo collocasse all’Unire, Ente per la tutela della purezza della razza equina, altra curiosa “competenza” di questo Fregoli dell’Amministrazione. Una figura «non dell’alto clero», dice Alemanno, ma il cui nome preferisce non fare «per evitare dell’imbarazzo». Prelati, ordini cavallereschi, attici, osservanza alla Destra che comandava. Il passato di Marra somiglia a quei giardini dei romanzi inglesi, dove basta affondare la vanga per trovare delle sorprese. E, soprattutto, ha l’odore stantio ed eterno di un pezzo di Roma.