Repubblica 10.9.16
Boom di licenziamenti: +7,4% E frenano ancora i contratti stabili
Peggiora il mercato del lavoro anche se resta positivo il saldo tra assunzioni e cessazioni
Il ministero: “È l’effetto della legge che vieta le dimissioni in bianco”. Allarmati i sindacati
di Barbara Ardu’
ROMA.
Va giù tutto. Prima la produzione industriale, poi la crescita, ferma
sullo zero, infine il lavoro, con il Job act che finisce sulla
graticola. A registrarlo è lo stesso ministero del Lavoro nel documento
periodico sulle comunicazioni obbligatorie: nel secondo trimestre del
2016 sono aumentati i licenziamenti e calati i contratti di lavoro
stabile. Il confronto è con lo stesso trimestre del 2015 e non è molto
consolante. I licenziamenti sono saliti del 7,4%. Hanno toccato quota
221.186 (oltre 15mila in più rispetto al 2015). E mentre le opposizioni
sparano ad alzo zero sul Jobs act, il ministero chiarisce che il boom
dei licenziamenti non è altro che l’altra faccia del calo altrettanto
forte delle dimissioni. «I licenziamenti — scrive il ministero in una
nota — aumentano di 15.264 unità a fronte di una diminuzione maggiore
delle cessazioni per dimissioni, che sono 92.188 in meno».
Perché?
«È il primo periodo — aggiunge nella nota — nel quale sono diventate
pienamente operative le norme per contrastare il fenomeno delle
dimissioni in bianco» veri e propri licenziamenti mascherati per anni da
dimissioni. Ma è il lavoro a tempo indeterminato a scivolare
rumorosamente con un — 29,4%. Al contrario il confronto tra attivazioni e
cessazioni, dà un saldo positivo per le prime (+256mila). Il calo dei
contratti stabili era un po’ previsto: la detassazione di cui hanno
goduto le aziende nel 2015 non è più piena, così come molti contratti
sono in via di trasformazione: il numero esatto è 84.334, 62.705 da
tempo determinato a tempo indeterminato e 21.629 da apprendistato a
tempo indeterminato. È andato bene al contrario per i contratti di
apprendistato (+26,2%). «Dati» che «non sono confortanti», ammette
Cesare Damiano, presidente della Commisione lavoro della Camera — perché
«se si analizza il solo lavoro a tempo indeterminato la differenza tra
attivazioni e cessazioni si posiziona su un meno 78.000». Ma è il dato
sui licenziamenti che preoccupa Damiano perché si tratta di un trend
«che certifica la diminuzione del lavoro di qualità e, nuovamente,
l’incremento dei contratti precari: l’esatto opposto di quello che si
proponeva il Jobs Act», per il quale Damiano suggerisce tre strade:
«rendere stabili gli incentivi, limitare l’uso dei voucher e allungare i
periodi di fruizione degli ammortizzatori sociali».
Guglielmo
Loy, segretario confederale della Uil punta il dito sulla mancata
crescita economica. «Il calo delle assunzioni — sostiene Loy — è dovuto
in primis all’assenza di crescita economica che si traduce in meno
assunzioni, soprattutto stabili, ma anche alla riduzione del beneficio
contributivo». Buona per Loy «la ripresa ad assumere con contratti di
apprendistato» che però aggiunge, «è indice non tanto della bontà del
contratto, come invece speravamo, quanto della concorrenzialità in
positivo di questo strumento prodotta dallo sgravio contributivo
maggiore di quello dell’attuale tempo indeterminato».