Il Sole 10.9.16
I dati del ministero del lavoro
Calano i contratti stabili (-29%) aumentano i licenziamenti (+7%)
di Claudio Tucci
La
crescita che stenta a decollare e la riduzione, da gennaio, della
decontribuzione sui rapporti fissi frena l’attivazione dei nuovi
contratti stabili: nel secondo trimestre dell’anno gli avviamenti a
tempo indeterminato si sono fermati a quota 392.043, in calo del 29,4%
su base tendenziale (-163.099 rapporti). Tuttavia, le trasformazioni di
contratti a termine e apprendistati sono rimaste più o meno invariate
(84.334) e, considerato che le cessazioni dei contratti a tempo
indeterminato si sono attestate a 470.561, il saldo dei nuovi rapporti
stabili, comprese le stabilizzazioni, sempre nel periodo marzo-giugno è
rimasto positivo, ma si è ridotto al lumicino (appena 5.816 contratti
fissi in più).
I dati sulle comunicazioni obbligatorie su lavoro
dipendente e parasubordinato, relativi al secondo trimestre 2016 e
diffusi ieri dal ministero del Lavoro, confermano un mercato del lavoro
in chiaro scuro che inizia a risentire di una congiuntura economica
difficile: complessivamente, tra attivazioni e cessazioni, i rapporti
totali in più sono stati circa 260mila. Ma c’è meno qualità, visto che
gli avviamenti a tempo indeterminato si sono fermati al 16% del totale
delle attivazioni del trimestre in esame (2,4 milioni di rapporti),
tornando quindi, è scritto nel report ministeriale, «al valore medio
registrato nel secondo trimestre degli anni precedenti al 2015». E sono
cresciuti i licenziamenti (+7,4%, pari a 15.264 unità), legati in parte
anche alle nuove disposizioni sulle dimissioni in bianco e al mancato
chiarimento sui cosiddetti comportamenti concludenti (molti lavoratori,
soprattutto stranieri, infatti se ne vanno dall’azienda senza fare la
procedura telematica, e l’impresa, a normativa vigente, non ha altra
strada, peraltro onerosa, che licenziarli). Al contrario, a livello
generale le dimissioni sono in riduzione del 23,9% e anche le cessazioni
per pensionamento vanno giù del 41,4%, pari a -92.188 unità, per
effetto dell’irrigidimento delle regole pensionistiche.
Guardando
alle altre tipologie contrattuali, nel secondo trimestre 2016 è
proseguita la contrazione delle collaborazioni (-25,4% nel tendenziale).
Qui a pesare è stato non solo il giro di vite sul falso lavoro autonomo
contenuto nel Jobs act e in vigore da diversi mesi, ma anche la crisi
che, come confermato nei giorni scorsi da Inps e Istat, sta colpendo
soprattutto partite Iva e professionisti. In diminuzione sono stati
anche i rapporti a termine, che comunque rappresentano il 70,5% delle
nuove attivazioni trimestrali. In controtendenza, finalmente, il
contratto di apprendistato: rispetto al secondo trimestre 2015 i nuovi
avviamenti di apprendisti sono saliti del 26,2%, pari a +17.008 unità;
un dato ancora di nicchia ma che si spiega con le forti semplificazioni
normative e gli incentivi fiscali varati dal Jobs act, soprattutto sul
primo livello, e rilanciati dal governo nella fase 2 di Garanzia
giovani.
Per il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei,
complessivamente, il bicchiere è mezzo pieno: «Il rallentamento della
crescita del lavoro stabile è in linea con il quadro congiunturale e
comunque è da considerarsi normale visto che a giugno eravamo arrivati
al livello più elevato dei rapporti fissi dall’agosto 2009». Il punto
però è che a trainare le attivazioni di nuovi contratti è ancora
soprattutto il settore dei servizi (72% della assunzioni censite).
L’intero comparto industriale è in affanno, con la manifattura in senso
stretto che, nel tendenziale, ha ridotto le attivazioni di quasi 29mila
unità. «Ora bisogna fare un salto in avanti - incalza Maurizio Sacconi
(Ap) - serve una riduzione strutturale del costo di tutti i lavoratori e
un incremento robusto della produttività». A chiedere sgravi permanenti
è anche Cesare Damiano (Pd), che parla di «necessaria manutenzione al
Jobs act». I sindacati restano preoccupati: «La situazione è tutt’altro
che rosea - dicono assieme Cisl e Uil -. È necessaria una svolta
espansiva e politiche orientate alla crescita. Il governo non perda
tempo”.