domenica 18 settembre 2016

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Segreti di guerra e silenzi vaticani

Sono oltre settant’anni che gli storici di mezzo mondo chiedono, senza successo, di desecretare gli archivi della Chiesa cattolica relativi alla Seconda guerra mondiale. A oggi il Vaticano resta infatti l’unico Stato in Europa a negare l’accesso a queste carte alla generalità degli studiosi indipendenti. Si tratta dei documenti sul pontificato di Pio XII e il controverso ruolo della Chiesa negli anni dell’Olocausto. Quando e come il Vaticano seppe dell’esistenza dei campi di sterminio? Il Papa avrebbe potuto fare di più per fermare il massacro? E lo Ior, la banca vaticana creata da Pio XII proprio in quegli anni, fece affari con il Terzo Reich? Gli storici sono convinti che quelle carte potrebbero aiutare a fare finalmente luce su tutte queste annose questioni. Finora il Vaticano si è sempre difeso facendo appello ai tempi tecnici necessari per catalogare e “declassificare” gli atti del lungo (17 anni) pontificato di Pio XII. I documenti della Santa sede sono infatti archiviati per papato: via via che un pontefice succede all’altro si procede a ordinare, archiviare e rilasciare la documentazione relativa al papato precedente. L’ultimo gruppo di documenti reso pubblico è quello relativo a Pio XI, predecessore di papa Pacelli. Annunci relativi a una imminente discovery sull’operato della Chiesa in quegli anni sono arrivati a più riprese. Già Paolo VI, negli anni ’70, decise di fare uno strappo alla regola, incaricando un gruppo di gesuiti di studiare le carte relative ai rapporti con gli Ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Parte di quei documenti sono stati pubblicati, ma solo dopo un’accurata selezione. Non abbastanza per chiarire questioni delicate, ancora oggi centrali per i rapporti con Israele, e che si portano dietro pesanti ombre, come quelle secondo cui Pio XI stava preparando un documento in difesa degli Ebrei, mai pubblicato e secondo alcuni addirittura insabbiato. Una ulteriore pubblicazione di carte è avvenuta con Benedetto XVI, il papa tedesco che nel 2006 visitò Auschwitz. E nuovi annunci in questo senso sono arrivati anche da Bergoglio. Senza conseguenze concrete, almeno per ora.