La Stampa 9.9.16
Camusso (Cgil): su Jobs Act e pensioni: Renzi non ha convinto il Paese
“Vogliamo un piano straordinario per l’occupazione giovanile”
intervista di Roberto Giovannini
Mario
Draghi dice che tocca ai governi agire per uscire dalla crisi? È vero,
le scelte della Bce hanno evitato il peggio - spiega Susanna Camusso,
segretario generale della Cgil - ma è evidente che le politiche di
austerità di questa Europa non ci porteranno fuori dalla crisi. E più si
continua su questa strada sbagliata, più si rafforzano i nazionalismi e
si indebolisce la speranza».
Segretario, tra lei e il premier Renzi è stato muro contro muro. Ora il clima cambia. È perché si avvicina il referendum?
«È
indubbio che noi parti sociali abbiamo subìto un ostracismo pesante. A
quanto pare negli ultimi tempi il presidente del Consiglio ha cambiato
linea, e sembra aver riscoperto il principio europeo del dialogo
sociale, finora evitato accuratamente. Ora si tratta di capire se le
aperture di confronto che ci sono state produrranno dei risultati.
Temiamo che la legge di bilancio sia ancora di taglio tradizionale,
senza un necessario sostegno alla domanda. Ora vogliamo sperare che il
piano “Casa Italia”, inteso come prevenzione, messa in sicurezza e
riqualificazione del paese, possa essere un’interessante opportunità per
rilanciare sviluppo e lavoro. Siamo pronti a discutere. Noi, a
differenza di chi a Palazzo Chigi ha sempre avuto un atteggiamento
ideologico, abbiamo una posizione laica».
E sugli ammortizzatori sociali?
«Su
questo tema non siamo soddisfatti. Il governo sa, perché li ha
significativamente ridotti, che non ci sono strumenti utili per gestire
le crisi in corso. In passato ha raccontato che ci sarebbero stati
ammortizzatori sociali universali, che invece non ci sono. Non va bene».
Perché la Cgil teme una legge di Stabilità “tradizionale”?
«Un
giudizio compiuto lo daremo a tempo debito. Ma non vediamo un
cambiamento fondamentale della politica economica. Sul fisco, un grande
strumento di redistribuzione, si continua con provvedimenti di respiro
limitato e bonus sparsi che non cambieranno la situazione. Anche se
positivi, quando contribuiscono a dare sollievo ai bassi redditi, come
nel caso dei pensionati. Bisognerebbe intervenire invece sui patrimoni
per reperire risorse per un piano del lavoro per i giovani - che è la
vera emergenza del Paese - ridurre fortemente le tasse a lavoratori
dipendenti, ai precari e discontinui, ai pensionati. Ma non ci pare sia
questa l’intenzione».
Il governo dice che il Jobs Act è stato un successo...
«Se
c’è una cosa su cui tutti sono d’accordo è che le politiche del
governo, dal Jobs Act alla decontribuzione, non hanno immesso un numero
significativo di giovani nel mondo del lavoro. Il governo quando si
insediò annunciò al mondo che avrebbe eliminato il precariato. Oggi, con
i voucher, rischiamo di averne, se possibile, uno peggiore. Servono
risorse e misure di impatto ben differente. Bisogna fare i contratti, a
cominciare dal pubblico impiego. Occorre sostenere gli investimenti in
ricerca e innovazione. E si deve tornare ad assumere in una pubblica
amministrazione riqualificata».
Siete d’accordo o no con la detassazione degli aumenti salariali nei contratti aziendali?
«Noi
vogliamo certamente favorire gli accordi di produttività, ma una
politica economica di sostegno alla domanda impone che finalmente si
comincino ad innalzare i salari. Quelli di tutti i lavoratori, non solo
di quel 20% che sottoscrive contratti aziendali. Bisogna intervenire su
tutto il lavoro, senza penalizzare le piccole e piccolissime imprese che
i contratti aziendali non li farebbero mai».
Oggi la Cgil annuncia: chiederà agli iscritti di votare “no” al referendum costituzionale.
«Già
a suo tempo avevamo dato un giudizio negativo della proposta di
riforma, ma per il merito della norma, non in funzione antigovernativa.
Sono le politiche che ha praticato a non far crescere il consenso
intorno al governo. Non ha convinto sul Jobs Act, non ha convinto sulle
pensioni; questo lo ha pagato nel voto amministrativo, forse lo pagherà
anche in altre scadenze elettorali. Noi invitiamo i cittadini a
partecipare al referendum e a votare “no”. Ma non faremo parte di alcun
comitato, vogliamo mantenere la nostra autonomia. Non pensiamo che se
vince il “no” ci sarà la recessione. La recessione ci sarà o meno a
seconda delle politiche economiche che verranno adottate».