La Stampa 8.9.16
Compromesso versione Cinquestelle
di Marcello Sorgi
Ci
vorrà qualche giorno per capire quanto reggerà il compromesso che ha
chiuso la settimana più difficile del Movimento 5 stelle, con
l’amministrazione stellata della Capitale alle soglie di un naufragio, a
meno di due mesi dal suo insediamento.
Una soluzione salomonica -
scapperebbe da dire democristiana, se non fossero altri tempi -, in
base alla quale: 1) la sindaca Virginia Raggi salva la sua
indispensabile, ancorché indagata, assessora all’ambiente Paola Muraro.
Ma
promettendo che la farà fuori se le accuse nei suoi confronti si
riveleranno concrete, e molla invece il suo vicecapo di gabinetto Marra,
colpevole solo della sua vecchia amicizia con l’ex sindaco Alemanno; 2)
Luigi Di Maio, il più alto membro del Direttorio nazionale messo a
conoscenza dalla Raggi dei guai della Muraro, si scusa per averli
taciuti al Movimento e agli elettori, ma s’è giocato una parte del suo
prestigio, ciò che finora aveva fatto parlare di lui come possibile
candidato premier anti-Renzi alle prossime elezioni; 3) Alessandro Di
Battista, strenuo difensore della Raggi e lontano da Roma nei giorni del
grande pasticcio, perché impegnato nel suo tour motociclistico per il
«No» al prossimo referendum costituzionale, vede salire il suo astro e
risulta il leader più applaudito dalla base 5 stelle, in delirio di
fronte al ritorno, a Nettuno, sulla tribuna di un comizio, dopo mesi in
cui aveva ripreso a recitare sui palcoscenici dei teatri, dell’unico
vero leader del Movimento, Beppe Grillo.
Il povero Grillo, che da
tempo aveva annunciato di voler fare un passo di lato per ridedicarsi al
suo amato mestiere di attor comico, e lasciar spazio ai giovani di M5S,
s’era trovato di fronte a una lite da pollaio. In meno di due giorni i
vari contendenti (amici e avversari della Raggi, amici e avversari di Di
Maio, membri effettivi e dimissionari del Direttorio romano e di quello
nazionale) avevano collezionato oltre venti ore di riunione senza
venire a capo di nulla. Nel frattempo continuavano a spedire ai giornali
o a mettere in rete le prove dei tradimenti e delle responsabilità di
ciascuno di loro. Cos’altro poteva fare Grillo se non metterci una pezza
e schierarli uno accanto all’altro a Nettuno, come fanno i genitori con
i ragazzini quando si accapigliano durante un gioco?
Il guaio è
che non è stato un gioco. Una parte del vertice (Roberta Lombardi,
avversaria della sindaca, e Paola Taverna, sua intiepidita sostenitrice)
puntava allo smantellamento della giunta, che sarebbe stato il secondo
in pochi giorni. Un’altra parte (la stessa Raggi e alle sue spalle Di
Battista) voleva far pagare il conto a Di Maio. La base stellata era
furiosa, al punto che il blog del Fondatore ha finito col censurare i
messaggi più insultanti, rivolti contro tutti i protagonisti della
rissa.
Grillo ha capito subito che non poteva far altro che
puntellare una situazione destinata a restare pericolante. Ha coperto la
Raggi. Le ha consentito di tenersi la Muraro, ma sospendendo il
giudizio (sulla sua testa pende il rischio dell’avviso di garanzia).
L’ha convinta a mollare Marra, che a detta di Alemanno non è proprio un
genio di cui non si possa fare a meno, e inoltre tra i grillini
solletica paranoie complottistiche su eventuali accordi segreti tra la
sindaca e il pezzo di destra romana che l’ha aiutata a stravincere il 19
giugno. Ha ridimensionato Di Maio, il volto moderato e in doppio petto
del Movimento, che in effetti negli ultimi tempi s’era un po’ allargato.
E ha lanciato Di Battista, l’anima movimentista, scooteristica e
gridaiola, che dovrebbe servire, non si sa per quanto, a cambiar musica e
a rimotivare il pubblico della rete.
Così, grazie alla regia di
Grillo e a un ritorno in scena da par suo, ieri sera lo spettacolo di
Nettuno è riuscito benissimo. Quello di Roma riprende oggi. Annunciati
nuovi colpi di scena e fuochi d’artificio.