La Stampa 8.9.16
M5S, compromesso su Roma
per salvare la sindaca Raggi
Il direttorio: no ai personalismi di “Luigi” o niente candidato premier alle prossime elezioni
di Ilario Lombardo
Lo
sguardo smarrito di Luigi Di Maio, il sorriso di Alessandro Di
Battista, la foga di Beppe Grillo. Nelle maschere dei suoi protagonisti
c’è il racconto di quello che è diventato il M5S dopo una settimana di
strazi interni: un candidato premier ne esce dimezzato, una sindaca ne
esce più autonoma.
Il pubblico lavacro
Il direttorio al gran
completo fa da corona al suo leader dal palco di Nettuno dove ognuno di
loro è andato a lavare i propri peccati. Sono le otto di sera. La Raggi
non c’è, resta asserragliata in Campidoglio, in silenzio, finché appare
in un video su Facebook. È il metodo 5 Stelle. Saltare le domande,
parlare «direttamente al popolo», «senza intermediari» come dice Di Maio
in tarda mattinata quando attraverso un altro post dà appuntamento a
tutti a Nettuno.
La resistenza di Raggi
Raggi annuncia la
sua strenua resistenza su Paola Muraro, l’assessora indagata che i
vertici pentastellati vogliono fuori dalla giunta. «Vogliamo vedere le
carte» ribadisce lei. L’accontentano. Il suo post viene rilanciato sul
blog di Grillo. Con un P.s.: «L’attuale vice capo di gabinetto Raffaele
Marra sarà ricollocato in altra posizione». Mentre è ancora da capire
cosa ne sarà di Salvatore Romeo, il capo di segreteria della sindaca.
Fine. Per ora. La linea Raggi prevale. Restano al proprio posto Muraro e
Raffaele De Dominicis, l’assessore al Bilancio suggerito dallo studio
Sammarco. È il risultato di una lunga e faticosa mediazione tra il
direttorio nazionale, Grillo e Raggi, sentita solo via telefono. È
l’unico modo per ammorbidire lo scontro fratricida.
Il compromesso
È il compromesso imposto da Grillo, costretto a scendere e a coprire le sue creature, per salvarle.
Una
strategia che viene esposta dal comico durante la riunione segretissima
tenuta con il direttorio in una casa alle porte di Roma e che in parte
raffredda il diktat notturno che il leader aveva lanciato su Roma,
quando attraverso lo staff aveva detto che «nulla sarà più tollerato», e
minacciato la sfiducia se Raggi avesse continuato la sua opposizione.
Alla fine Grillo le telefona: «Che sta succedendo». La sindaca gli
sintetizza la sua versione e conclude: «Questa è la mia linea Beppe,
voglio che la rispettiate». Grillo chiude dicendole che lo avrebbero
fatto ma invitandola anche a «mettersi al lavoro».
Le bugie di Di Maio
Il
vicepresidente della Camera ha mentito più volte. Ha detto di non
sapere che Muraro era indagata. Ha detto di non sapere che l’assessora
aveva chiesto un “335”, la procedura prevista per sapere se si è
iscritti sul registro degli indagati. Invece gli sms del 4 agosto con
Paola Taverna e Fabio Massimo Castaldo, membri del minidirettorio romano
informato da Raggi, dimostrano il contrario. Come la mail 5 agosto,
inviata a Di Maio dalla Taverna. Sms e mail finiscono sui giornali, e la
senatrice finisce sotto accusa.
«L’infame»
«Infame» la
definiscono nel giro più stretto di deputati e assistenti di Di Maio.
Lei si difende: «Non sono stata io, anche altri avevano gli screenshot».
Il caso Taverna agiterà le prossime ore. Intanto però, Di Maio ne esce
ridimensionato con somma gioia dei suoi avversari interni. «Archiviato
un Di Maio se ne fa un altro» è stata una delle dure affermazioni di
Carla Ruocco.
Tra chi gongolava vedendo crescere la stella di Di Battista ci sono i sostenitori di una tesi che comincia a farsi strada.
Senza candidato premier
Ovvero
andare alle elezioni senza premier, ma come collettivo, come M5S;
«perché - sostiene Roberta Lombardi - il M5S non è una singola persona,
ma un progetto politico corale». La stessa convinzione su cui insiste
Roberto Fico dal palco: «Tutti dobbiamo condividere di più». È quello
che Di Battista va dicendo nei capannelli di Montecitorio da tempo: «Chi
l’ha detto che dobbiamo avere un candidato premier? Si decide dopo le
elezioni». Messaggio chiaro, indirizzato a Di Maio che è costretto al
mea culpa in mondo visione. «Devi ammettere gli errori, chiedere scusa»
gli dicono Grillo e il direttorio. Su Raggi invece prenderanno tempo:
«Ora restiamo uniti, non diamoci più in pasto al Pd, ogni spaccatura è
un massacro».